Raccontare dei drammi delle donne risulta un compito scomodo e complesso; anzi molte volte i testi che riguardano quest’argomento si autorecludono in un discorso di genere, un fatto che riguarda una parte del cielo. Questo rischia di togliere all’opera quell’afflato universale che invece si configurerebbe in una comunione di generi. In più, parlare d’immigrate e soprattutto di rifugiate politiche, non è facile, né comodo. Sarebbe semplice cadere nella demagogia, nella denuncia reiterata o nella sterile cronaca. Non è questo il caso. Non ci sono donne che non abbiano vissuto in traslato le vicende delle protagoniste della piece: “Se questa è una donna”. Non è una storia lontana, ma presente e viva nella nostra dura madre in quanto vissuta a vari livelli dalle donne da secoli e secoli. Una donna bambina che va sposa a un vecchio, il padre che per denaro vende l’onore della figlia, la violenza privata o la violenza come sistema politico, la carcerazione per fiaccare le idee, le regole sociali che definiamo tribali, come quella dell’infibulazione, che hanno lo scopo di umiliare e rendere sottomesse; tra l’altro non è impossibile un parallelo con l’antica cintura di castità in occidente. Ma quello che soprattutto è tema onnipresente e universale è la volontà di precludere alle donne la libertà di scelta, di vita, di pensiero, di lavoro, d’amore.
Un testo originale, che non ha pause e non ha cadute di stile, completamente creato dall’attrice e regista che lo porta in scena: Mariangela Imbrenda, che trae spunto dall’omonimo romanzo di Luca Attanasio. La versatile attrice e scrittrice ne fa una vicenda di contrappunti, delicata e struggente che però non supera mai le linee degli eccessi dell’orrore. Uno spettacolo positivo dove le vicende tragiche, che pure le tre protagoniste hanno vissuto, divengono di momento in momento una continua catarsi. Il dolore non è in scena, lo è la mestizia, la malinconia per una parte di vita, di affetti, di luoghi, di memorie che si è perduta. Come nella tragedia greca nella quale il narratore racconta il dramma senza prendervi parte, la storia di tre personaggi femminili, che hanno passato l’inferno e ne sono uscite, viene invece vista in modo laterale e indiretto con gli occhi delicati e pieni di pudore di una donna e di un’artista. Non c’è bisogno di superare i limiti per raccontare un dramma, come nel caso della prima figura femminile, nella quale tutto si vede riflesso, come in un puro lago montano, negli occhi e nella visione materna della sua bambina o nell’ultima donna, che racconta di se stessa svelando il suo sentimento per un uomo, il suo uomo, in un’accorata e dolcissima lettera d’amore.
Imbrenda racconta una vicenda tutta sua, un segmento traslato del libro originale.“Se questa è una donna” è uno spettacolo ricco e pieno, completo nella sua lineare semplicità. Non è un testo che si piega a bieche logiche populiste, ma che s’impone come un valente dramma moderno nell’impegnativa forma di monologo. Lo spettacolo, con la co-regia e le musiche originali di Gabriele Sisci, andato in scena di recente al teatro Antigone di Roma, avrà prossimamente nuove repliche al Teatro Keiros, via Padova 38/a di Roma l’11 e il 18 maggio 2014.
Alessandra Cesselon