La lingua non ha parlato d’intenti. S’appoggiava
per ore sulle girandole che mi tentavano,
bagnava lo sguardo nell’incavo dei suoi segreti.
A singhiozzo. Baci infiniti scivolavano
lunghi ed esaltavano i nostri primi tentativi.
Io assaggiavo sospiri e imparavo carne.
Mai parola a distrarre il piacere salato
non ho intrecciato domande né angoli
di dubbio hanno incrociato la mia bocca. Baci dritti.
Tra i suoi vicoli sconosciuti, le mie mani non si perdevano
e le sfere delle sue carezze mi davano le pervertigini.
Mi girava la testa quando potevo incontralo. Incauta.
Le mie labbra come cuscini gli sorridevano benvenuto,
con spirali umide hanno accudito l’incanto.
A ogni bacio mi spirava la volontà. Mi spogliavo d’egoismo
m’ornavo di bellezza e l’accoglievo con il silenzio del rito.
M’aprivo al nuovo. Nuda e bianca
rotonda, come la luna delle solitudini d’oggi.
Ho detto sì sei volte. Gli altri li ho tenuti tra i denti,
per i morsi silenti del distacco
che avevo già visto nell’incontro. Baci a scrocco.
I no li ho dimenticati fuori dalla sua finestra,
la prima notte, ché mi serviva spazio per dire sì
fammi ancora l’amore. Fammelo proprio così.
Mi siedo su notti che m’abbondano
e stringo baci abbandonati.
Mi cerco curve di voglia con le mani
nel nero di quest’impossibile. Spreco, assurdo. Sordo.
Allargo sospiri e invoco voce. Maledetta
mi confondo tra i miei nuovi no e li spargo per vendetta.
Mi regalo attese e mi prometto assenza.
Mentre butto fantasie sprecate, scortico
la memoria dalla pelle e cerco
le sue cinque dita, che mi penetrano
la ninfosmania a distanza. Distacco e baci finiti.
I discorsi mi sono rimasti in gola. Scoppio e m’arrangio.
Se sei in possesso di un paradiso. Aspetta
che qui non se ne scoprono da anni.
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