In Africa poche cose dipendono dagli africani stessi. Questa è la pura constatazione per chi “si fa” attento osservatore di”cose” africane.
Proprio come lo era stato il grande Kapuscinski : testimone diretto degli eventi sempre, profondo conoscitore della storia d’Africa, abile narratore poi.
Una raccolta, pubblicata postuma, dei suoi scritti “africani” è l’ultima interessante proposta Feltrinelli dello scrittore, dal titolo “Se tutta l’Africa”.
“ L’Europa si è abituata a considerare l’Africa come un oggetto – scrive Ryszard Kapuscinski nel libro. Un oggetto da scoprire, poi da conquistare (guardare a ciò che è accaduto e accade in questi ultimi mesi, giorni, ore in Mali e ai comportamenti della stessa Europa impacciata ma avida, ieri come oggi, in quelli che sono i comportamenti truffaldini dei “suoi” figli), poi da dividere e infine da sfruttare .L’Africa era il territorio dove il bianco andava a caccia , viveva avventure, riportava impressioni, ma sempre e solo un territorio, un’arena, un fondale scenografico per il bianco. L’europeo, senza rendersene conto, non è capace di vedere l’Africa come qualcosa di a sé stante, come un fenomeno in sé con una propria vita, propri problemi e propri personali sogni, forze, ambizioni. Che cosa chiede la gente quando il discorso verte sull’Africa ? Si informa sulle influenze americane, sulle influenze cinesi, sulla politica francese, sul commercio britannico. Mai, o quasi mai, chiede cosa stia succedendo tra gli africani, quali processi sociali vi si svolgono e quali forze politiche vi nascano."(pag.248)
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)