…piove”. E’ stato, per anni, ed è ancora, il motto dell’Associazione per la laicità dello Stato di cui la ‘povna è presidente. Ed è quello che, a prima botta, è venuto in mente alla ‘povna quando ha letto il dietrofront imposto al ministro dell’Economia da Letta a proposito dei centocinquanta euro di sacrosanti scatti che i pubblici docenti, a partire da gennaio, si sarebbero visti trattenuti dalla busta paga. Le è venuto in mente a proposito di Matteo Renzi, che ha fatto la cosa giusta, e gli va riconosciuta, ci mancherebbe (cioè: dichiararsi inequivocabilmente contrario alla proposta), ma l’ha fatto insieme, a anzi dopo ad alcuni altri. Nella fattispecie, il ministro dell’istruzione (che alla ‘povna continua a piacere non molto, ma moltissimo, e si conferma, del resto lei ben lo sapeva, e lo aveva pure detto, il centro calibrato del governo Letta), e anche Enrico Mentana, sui social network, così come sulla 7, unico giornalista consapevole di che cosa significhi davvero fare attività di lobbying (che non è una parolaccia!) incisivo e militante, all’interno dell’informazione italiana.
Ciò detto, sia chiaro, onore a Renzi (così come nel caso dei comuni virtuosi sul gioco d’azzardo), che sa essere sul pezzo. Ma senza dimenticare chi (appunto, Maria Chiara Carrozza) questa battaglia, di minimo decoro, l’ha portata avanti dall’inizio, con animo fermo e tranquilla consapevolezza; e che, inter alia, ha detto e fatto anche un sacco di altre cose belle, mentre una metà abbondante del mondo della scuola non se la fila di pezza, e l’altra metà, in teoria anche brava e intelligente, è talmente, di default, abituata al lamentometro, che non sa nemmeno mettere nel conto l’idea (rivoluzionaria!) di distinguere nel merito, fare chiarezza con se stessa, chiedersi se valga davvero la pena, sempre, borbottare; o se questo non contribuisca, invece, a rendere gli insegnanti, tutti, come categoria poco credibile. Ma qui la ‘povna si ferma, perché la risposta già la sa, e non è né accomodante, né piacevole; e passa attraverso parole come “rinnovata selezione”, “valutazione”, “ispezioni”, “merito”. E una volta di più le dispiacerà se (quando…) a introdurre queste parole sarà, ancora una volta, il segretario fiorentino, a modo suo (e dunque anche pretestuoso e sloganistico). Perché la sinistra italiana, quasi tutta, si sarà, per l’ennesima volta, fatta scippare l’occasione per declinare (in modo più accurato, attento, e, sì, anche progressista, di Matteo Renzi) concetti essenziali che dovrebbero appartenere al proprio vocabolario politico e sociale.
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