Retroattivamente, come si usa nei regimi totalitari, il governo LettaLetta, a luglio, decide che il blocco degli stipendi degli insegnanti sarà valido anche per il 2013, dunque con l'annualità in corso. “Mai più tagli alla cultura e alla scuola”, urlò Enrichetto appena nominato premier. Infatti, i soldi destinati alla ricostruzione del centro storico dell'Aquila li ha dirottati a Pompei, e dagli insegnanti della scuola, dopo gli 8 miliardi di tagli della scellerata gestione Gelmini (impegnati nella costruzione del tunnel Gran Sasso-Cern di Ginevra), pretende la restituzione delle somme percepite come adeguamento automatico degli stipendi previsto dal contratto nazionale di lavoro. Parliamoci chiaro, nessuna intenzione di intraprendere una battaglia a difesa dell'ennesima corporazione di questo paese, il fatto è che troviamo aberrante che lo Stato pretenda la restituzione di soldi che lo Stato ha dato rispettando un contratto che lo stesso Stato ha sottoscritto. Se non è schizofrenia questa, spiegateci voi cosa diavolo è la schizofrenia. Il paese, questo paese, è retto dalle fandonie e dalla disciplina imposta dai burocrati europei. Non si capisce più cosa ci si deve aspettare la mattina appena svegli, se le leggi che regolano la vita dei cittadini italiani siano o no le stesse con le quali si sono addormentati la sera. Questo governo è composto da una combriccola di giovincelli (solo d'età) rincretiniti che giocano alla politica come fosse il Sudoku: pur di far tornare i conti in orizzontale e in verticale, venderebbero la mamma. Il ministro Saccomanni, poi, ci ricorda il sagrestano della chiesa del nostro paese, il quale si incazzava come una iena se non si mettevano 100 lire nel bussolotto che faceva girare fra i fedeli con aria minacciosa e che, parafrasando il matto di Nuovo Cinema Paradiso, diceva “la moneta è mia, la moneta è mia”. Fosse per lui farebbe pagare le tasse anche a Berlusconi ma non può, i suoi calzini sono corti e pericolosamente verde pisello. Spread o non spread, i dilettanti, specie se massoni, non servono all'Italia, men che meno agli italiani che non stanno messi male come i greci ma che, nel frattempo, si stanno nutrendo di pane e tzatziki. Non si può sapere come andrà a finire.
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Se un governo nasce peracottaro non può diventare un club di statisti. Gli insegnanti dovranno restituire gli adeguamenti automatici dello stipendio del 2013.
Creato il 08 gennaio 2014 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Retroattivamente, come si usa nei regimi totalitari, il governo LettaLetta, a luglio, decide che il blocco degli stipendi degli insegnanti sarà valido anche per il 2013, dunque con l'annualità in corso. “Mai più tagli alla cultura e alla scuola”, urlò Enrichetto appena nominato premier. Infatti, i soldi destinati alla ricostruzione del centro storico dell'Aquila li ha dirottati a Pompei, e dagli insegnanti della scuola, dopo gli 8 miliardi di tagli della scellerata gestione Gelmini (impegnati nella costruzione del tunnel Gran Sasso-Cern di Ginevra), pretende la restituzione delle somme percepite come adeguamento automatico degli stipendi previsto dal contratto nazionale di lavoro. Parliamoci chiaro, nessuna intenzione di intraprendere una battaglia a difesa dell'ennesima corporazione di questo paese, il fatto è che troviamo aberrante che lo Stato pretenda la restituzione di soldi che lo Stato ha dato rispettando un contratto che lo stesso Stato ha sottoscritto. Se non è schizofrenia questa, spiegateci voi cosa diavolo è la schizofrenia. Il paese, questo paese, è retto dalle fandonie e dalla disciplina imposta dai burocrati europei. Non si capisce più cosa ci si deve aspettare la mattina appena svegli, se le leggi che regolano la vita dei cittadini italiani siano o no le stesse con le quali si sono addormentati la sera. Questo governo è composto da una combriccola di giovincelli (solo d'età) rincretiniti che giocano alla politica come fosse il Sudoku: pur di far tornare i conti in orizzontale e in verticale, venderebbero la mamma. Il ministro Saccomanni, poi, ci ricorda il sagrestano della chiesa del nostro paese, il quale si incazzava come una iena se non si mettevano 100 lire nel bussolotto che faceva girare fra i fedeli con aria minacciosa e che, parafrasando il matto di Nuovo Cinema Paradiso, diceva “la moneta è mia, la moneta è mia”. Fosse per lui farebbe pagare le tasse anche a Berlusconi ma non può, i suoi calzini sono corti e pericolosamente verde pisello. Spread o non spread, i dilettanti, specie se massoni, non servono all'Italia, men che meno agli italiani che non stanno messi male come i greci ma che, nel frattempo, si stanno nutrendo di pane e tzatziki. Non si può sapere come andrà a finire.
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