I due ragazzi di Padova saranno già tornati a casa. Due giorni per strada sono difficili da affrontare, nonostante il caldo di questi giorni a Bologna abbia sicuramente reso più agevole l'attesa. Avranno già fatto una doccia, che era quello che forse più desideravano. E finalmente avranno cominciato ad usare il loro nuovissimo iPhone 5. Due giorni d'attesa per via Rizzoli, una strada gremita di gente, in pieno centro, un viavai continuo di persone e di mezzi. La prima notte, io e i miei amici, siamo andati a vedere questi due ragazzi, poco più giovani di noi, seduti davanti all'Apple Store, i primi acquirenti del nuovo modello di iPhone. Cosa volevamo chiedergli? Beh, prima di tutto, perché fossero lì. C'era qualcosa che ci stava sfuggendo? Tutti questi mesi passati a parlare di feticismo, di operai morti in fabbriche lontane dai nostri occhi e finalmente la possibilità di poterci confrontare con chi è parte di una sorta di setta della tecnologia.
Non abbiamo trovato quello che volevamo, ci aspettavamo una sorta di avversari ideologici, due ragazzi che si iniettano in vena il succo di mela, come ha detto uno di loro. E invece la cosa era differente, o almeno, aveva un altro suono. Perché quei due ragazzi erano lì tanto per fare qualcosa di diverso, una cazzata, che se non fai ora quando ricapita. Non era programmata, è stata decisa pochi giorni prima. Seguono diversi blog che trattano di tecnologia e sono molto informati. Conoscono le antenne, i vari sistemi e i supporti migliori per poter esaltare le potenzialità di un telefono, le connessioni e le reti. Volevano mettersi lì in fila, tanto per essere un po' conosciuti, per farsi vedere, non perché fossero davvero pazzi per questa nuova uscita. Di fatto non cambia moltissimo dal modello precedente, ma la curiosità e il desiderio di godersi questo strano primato hanno prevalso. Con gli stessi soldi puoi andare in Messico, faccio io ad uno dei due. Lui, ridendo, dice che ce ne vogliono anche meno. Gli aerei sono una sua fissazione. Adora svegliarsi presto per andare a vedere i postali che atterrano. La Patagonia, è lì che gli piacerebbe andare, ha letto anche il libro di Chatwin. Eppure sono lì, ed è strano sentirli parlare di avventure mentre se ne stanno seduti con due sgabellini e con le coperte pesanti davanti ad una vetrina. La guardia che sta dentro sorride, ogni tanto esce per fumare una sigaretta con loro.
Mentre ci allontaniamo non riesco a mettere insieme i pezzi. Mi aspettavo di trovare degli esaltati, pronti davvero a difendere la loro cazzata e il prodotto che stavano per acquistare. Su Repubblica.it un piccolo articolo li descriveva come dei veri adepti della "filosofia Apple", con tanto di foto mentre tenevano in mano la biografia di Steve Jobs. Ho chiesto se questo non gli desse fastidio, e uno di loro ha detto che, lavorando in un centro commerciale, di persone davvero esaltate ne vedono ogni giorno. Sanno di non essere così, e i giornali stavano ovviamente esagerando il tutto. Mi è tornato in mente Rumore Bianco di Don DeLillo.
Diversi giorni più tardi Murray mi chiese notizie di un'attrazione turistica nota come la stalla più fotografata d'America. Quindi facemmo in auto ventidue miglia nella campagna che circonda Farmington. C'erano prati e orti di mele. Bianche staccionate fiancheggiavano i campi che scorrevano ai nostri fianchi. Presto cominciarono ad apparire i cartelli stradali, LA STALLA PIÙ FOTOGRAFATA D'AMERICA. Ne contammo cinque prima di arrivare al sito. Nell'improvvisato parcheggio c'erano quaranta auto e un autobus turistico. Procedemmo a piedi lungo un tratturo per vacche fino a un lieve sopralzo isolato, creato apposta per guardare e fotografare. Tutti erano muniti di macchina fotografica, alcuni persino di treppiede, teleobiettivi, filtri. Un uomo in un'edicola vendeva cartoline e diapositive, fotografie della stalla prese da quello stesso sopralzo. Ci mettemmo in piedi accanto a una macchia di alberi a osservare i fotografi. Murray mantenne un silenzio prolungato, scribacchiando di quando in quando qualche appunto in un quadernetto. - La stalla non la vede nessuno, - disse finalmente. Seguì un lungo silenzio. -Una volta visti i cartelli stradali, diventa impossibile vedere la stalla in sé. Quindi tornò a immergersi nel silenzio. La gente armata di macchina fotografica se ne andava dal sopralzo, immediatamente sostituita da altra. -Noi non siamo qui per cogliere un'immagine, ma per perpetuarla. Ogni foto rinforza l'aura. Lo capisci, Jack? Un'accumulazione di energie ignote. Quindi ci fu un lungo silenzio. L'uomo nell'edicola continuava a vendere cartoline e diapositive. -Trovarsi qui è una sorta di resa spirituale. Vediamo solamente quello che vedono gli altri. Le migliaia di persone che sono state qui in passato, quelle che verranno in futuro. Abbiamo acconsentito a partecipare ad una percezione collettiva. Ciò dà letteralmente colore alla nostra visione. Un'esperienza religiosa, in un certo senso, come ogni forma di turismo. Seguì un ulteriore silenzio.
Nessuno ha ordinato o pagato quei ragazzi per starsene fuori da un negozio. Questo è l'effetto di una campagna subdola dell'azienda di Cupertino. Di fatto, che loro ne fossero più o meno consapevoli, stavano dedicando il loro tempo per fare pubblicità. E non la stavano facendo per se stessi, ma per il marchio. Negli Stati Uniti le file iniziano anche otto giorni prima, e per ben una settimana gli stores americani hanno un livello di visibilità gratuita senza confronti. Come se tenessero il negozio idealmente aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Come dice Don DeLillo, l'effetto è quello di perpetuare un'immagine, di rafforzarla, di creare un'identità che porti gli acquirenti a non essere dei semplici consumatori, ma degli adepti. Possono non essere al corrente del contributo che regalano ad una percezione collettiva di fatto inconsistente, ma ne fanno parte. Mi sono tornati in mente gli aerei di cui parlava il ragazzo, della Patagonia, delle avventure e delle cazzate. Quello che mi ha fatto venire i brividi è stata la sensazione che in qualche modo, nell'immaginario di alcune persone, il concetto di cazzata fosse stato rubato, o comprato, da un'etichetta. Non stavano vivendo quell'esperienza soltanto per se stessi, la luce della vetrina sembrava l'aura descritta in Rumore Bianco. La felicità che hanno avuto dal poter dire "abbiamo l'iPhone 5 e siamo i primi" quanto sarà durata? Quando lo racconteranno agli amici, cosa sarà rimasto di quell'avventura?
Un telefono. Alessio MacFlynn