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Sean Russell: La guerra dei cigni

Creato il 27 giugno 2012 da Martinaframmartino

Sean Russell: La guerra dei cigni

Erano tutti nomi noti, nomi fuoriusciti da storie e leggende. Nomi che i loro cantastorie avevano sentito sussurrare quando per la prima volta i Fàel avevano preso terra nelle lande tra i monti. I venti conoscevano quei nomi allora, così come i fiumi e i ruscelli. Si diceva fossero stregoni, Sainth, Caibre e Sianon: i figli di Wyrr, il più vecchio di tutti i maghi. Wyrr, che raccoglieva il sapere di tutti coloro che morivano , e che alla fine si era lasciato inghiottire dal fiume, unendo il suo spirito alle acque.

Sean Russell, Il grande regno, pagg. 117-118.

 

I Fàel sono uno strano popolo di girovaghi. Vivono ai margini della civiltà, non mescolandosi mai con gli altri popoli, e hanno conoscenze molto particolari. Figure di questo tipo non sono certo nuove nella fantasy, ma un autore abile può prendere dei cliché e donargli vita in modi sorprendenti.

Nann e Rath stanno osservando un arazzo ancora in corso di realizzazione, nato dalle mani di Tuath in una specie di trance. Tuath, personaggio assolutamente marginale, non sa quel che sta tessendo, lo tesse e basta seguendo chissà quale misterioso impulso, e quello che nasce è al tempo stesso stupefacente e inquietante.

 

Là, tra le nuvole, un cigno nero e nella sua ombra un altro. I simboli di Wyrr, che pose il primo cigno sulla sua bandiera quando nacque Caibre. Il secondo, un cigno bianco, per la nascita di Sainth. Il terzo, un altro cigno nero, in onore di Sianon. Ma il cigno bianco scomparve dal vessillo di Wyrr, narrano alcune storie, poiché Sainth entrò in feroce conflitto con suo padre, dal momento che erano troppo simili, padre e secondo figlio.

Pag. 118.

 

Rath spiega i simboli che vede, e non c’è da stupirsi che con questi simboli a rappresentare alcuni personaggi la trilogia sia chiamata La guerra dei cigni. Oltretutto cigni che in realtà sono persone hanno un famoso precedente in una fiaba classica, chissà se in futuro la fiaba troverà il modo d’influenzare la trama della saga.

Ovvio che quando qualcuno punta il dito su una leggenda, in un fantasy, quella leggenda è destinata in un qualche modo ad avverarsi.

I tre chiedono al padre dei doni, ma sono doni a doppio taglio. Come dice il vecchio adagio? Attento a quello che chiedi perché certamente lo otterrai.

Caibre vuole essere un grande guerriero temuto dagli uomini. Peccato che questo gli faccia perdere il dominio di sé e gli impedisca di accettare qualsiasi forma di ritirata o di tregua. Se inizia qualcosa deve portarla avanti fino in fondo, anche a costo di annientare il suo stesso esercito nel conflitto. Poi, come se nulla fosse, ne arruola un altro e riprende a combattere.

Anche Sianon vuole essere una grande guerriera, seguita dagli uomini per amore. Infatti tutti la amano e sono pronti a morire per lei, ma lei non ama nessuno e così la sua vita è vuota.

Sainth vuole viaggiare per il mondo e conoscere sempre luoghi nuovi, e ottiene la capacità di potersi spostare su sentieri invisibili ad altri. Penso che sia uno dei motivi per cui questi romanzi non hanno una cartina: come avrebbe potuto Sean Russell disegnare i sentieri percorsi da Sainth? Peccato però che il viaggiatore sia perennemente insoddisfatto, perché nessun luogo e nessuna donna sono mai abbastanza belli per dargli pace.

Doni e maledizioni, nella migliore delle tradizioni narrative.

Ovviamente i tre finiscono con il distruggersi a vicenda, compreso Caibre nel momento in cui ha cercato di mettere pace fra fratello e sorella, in una guerra devastante che si perde nella notte dei tempi.

 

Ma si narra che fecero in tempo a consegnarsi al fiume anch’essi, e che non siano veramente morti ma divenuti una sorta di spettri, vagando in una terra di confine tra la morte e la vita, sostenuti dall’amore di loro padre… fino a oggi.

Pagg. 119-120.

 

A questo punto della storia il lettore può già immaginare chi siano le reincarnazioni di Caibre e Sainth, mentre non è ancora nota quella di Sianon. Ovvio che con il risveglio di queste figure spietate ci sia da aspettarsi una guerra dalle enormi proporzioni, aiutata anche dal particolare momento storico e dalla tensione esistente fra le due potenti famiglie rivali di Renné e Wills.

Ma se per ora tutto sembra limitato a questo, e sarebbe già abbastanza per destare una preoccupazione notevole, l’arazzo contiene un altro dettaglio, talmente misterioso da finire subito dimenticato, anche perché a differenza degli altri non trova un immediato riscontro nella trama.

 

«Ma chi è il quarto?» disse Nann, indicandolo, quasi timorosa a chiederlo.

«Cosa?»

«L’altro uomo, là, davanti al grande cancello.»

Rath si piegò nuovamente in avanti, appoggiandosi pesantemente al bastone. «Non lo so», ammise infine. «Ma il cancello… è la Porta della Morte.»

Pag. 118.

 

La fine del mondo sta arrivando.



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