Sebastian Garcia a Torino su istruzione in Cile

Creato il 04 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Photo credit: Osmar Valdebenito / Wikipedia / CC BY-SA 2.0.

Nel pomeriggio di ieri, Palazzo Nuovo ha ospitato Sebastian Garcia, responsabile comunicazione della federazione studentesca dell’Università del Cile. Tema dell’incontro, organizzato da Officine Corsare, Studenti Indipendenti, LaSt e AlterPolis, la situazione attuale dell’università cilena, a vent’anni dalla caduta del regime militare di Pinochet. Qualche premessa: dopo le elezioni del 1988 e il conseguente ritorno alla democrazia, il Cile sta lentamente uscendo dal sottosviluppo. Un’economia in netta ripresa ha migliorato la qualità di vita e parallelamente ha abbassato le percentuali di povertà e disoccupazione. C’è però, per Sebastian Garcia, il rovescio della medaglia. Il dopo-Pinochet non ha minimamente scalfito la disuguaglianza sociale. Una nicchia di privilegiati (1% circa della popolazione) ha in mano una fetta notevole del prodotto interno (21%). Causa o conseguenza di tutto ciò è la precarietà del lavoro, alimentata dall’assenza di una vera sindacalizzazione: secondo Sebastian Garcia, la stabilità contrattuale è un fatto più unico che raro per il lavoratore cileno. Cosa ne è del sistema educativo? La prima differenza sostanziale rispetto all’Italia è che le scuole pubbliche non sono gestite direttamente dallo stato, che è solo supervisore, ma dai singoli comuni. Istruzione in Cile è sinonimo di profitto.

Partiamo dall’istruzione secondaria: le scuole pubbliche garantiscono un’offerta formativa molto bassa e sono generalmente rivolte alle classi più umili; quelle private invece arrivano a costare 500 dollari al mese e va da sé che siano appannaggio dei figli dell’alta borghesia. Esiste anche un tipo di scuola semi privata o sovvenzionata, dedicata alla classe media, su cui speculano centinaia di investitori. Il sistema scolastico è specchio perfetto della diseguaglianza sociale, con le classi più alte che si chiudono a riccio su loro stesse e pagano profumatamente quell’istruzione che permetterà loro di conservare il potere economico. Un sistema circolare e ben oliato che aumenta di anno in anno la divaricazione sociale. L’accesso all’università è regolamentato da un test d’ingresso, i cui requisiti minimi nella maggior parte dei casi sono soddisfatti solamente da coloro che escono da un istituto privato. Anche le università si dividono in pubbliche e private: le prime sono pubbliche di nome ma non di fatto, in quanto l’88% della loro cassa è costituito dalle tasse universitarie, che non a caso sono elevatissime. Per sostenere una spesa così ingente, molte famiglie ricorrono al prestito ad onore, ed è così che il sistema educativo diventa terreno di speculazione anche per le banche. Le università private sono state liberalizzate negli anni di Pinochet: su di loro si specula illimitatamente e si trae un profitto molto alto. Alcuni istituti privati sono addirittura in mano a gruppi finanziari stranieri. Per Sebastian Garcia conseguenza di tale logica è che gli atenei investono esclusivamente nei corsi di studio più gettonati, su tutti economia e medicina, lasciando senza risorse tutti gli altri.

L’istruzione in Cile è un commercio, non un diritto. Gli studenti, chiamati pinguini in virtù delle divise che indossano, hanno da poco ottenuto l’introduzione di una nuova legge sull’educazione che prevede sovvenzioni e borse ai più bisognosi. Non è che il primo passo di un cammino lungo e faticoso, ostacolato da un sistema elettorale binominale, ancora figlio delle politiche di Pinochet, per il quale alle urne non si riesce mai a raggiungere una grande maggioranza. Alla destra è sufficiente il 30% di voti per impedire le riforme: in Cile per approvare la modifica a una legge servono i 4/7 di maggioranza. A Santiago, dopo più di vent’anni dalla caduta della dittatura, si discute di cosa lo stato debba essere, se supervisore o protagonista. E gli studenti indebitati guardano al welfare come a un sogno irrealizzabile. Le parole e i numeri portati da Sebastian Garcia forniscono un punto di vista esterno e prezioso sull’università italiana: ciò per cui i pinguini si stanno battendo, da noi esiste già e sta venendo lentamente smantellato, pezzo dopo pezzo.


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