Magazine Poesie

Sebastiano Aglieco - Compitu re vivi, nota di Rita Pacilio

Da Ellisse


SEBASTIANO AGLIECO – COMPITU RE VIVI - IL PONTE DEL SALE  2013 SEBASTIANO AGLIECO – COMPITU RE VIVI

Qualunque forma vivente con un sistema nervoso piuttosto elaborato può provare sensazioni di dolore e di piacere regolando la propria sopravvivenza attraverso meccanismi di rigetto, per quanto riguarda gli stimoli negativi, e di assorbimento per quelli positivi. Purtroppo, però, non sempre è semplice rifiutare ciò che procura dolore, sofferenza, paura, ansia, vergogna; anzi per gli studiosi di psicologia, queste emozioni, spesso, aiutano l’individuo a regolare i propri percorsi di adattamento psicosociale. Nei primissimi anni di vita si impara ad ‘attaccare/fuggire’ oppure ad ‘afferrare/stringere’ per fronteggiare l’angoscia della paura e della solitudine e si apprende che l’unico corollario possibile per ‘salvarsi’ è l’amore. Il tema dominante del lavoro in poesia di Sebastiano Aglieco, infatti, è l’amore inteso come dovere/compito propedeutico di ciascun essere umano nei confronti di se stesso e dell’altro. Il poeta è psicologo e formatore, sa che le esperienze passate possono condizionare comportamenti e attese creando ansie che spesso i fatti non possono giustificare. Ecco perché l’autore riporta a galla i vissuti di luoghi del passato portando alla luce quelle stesse sensazioni, la complessità di quelle vulnerabilità, che per quanto superate, possono ancora produrre effetti e reazioni. Il motivo è chiaro perché lo spazio e il tempo somatizzano tutto ciò che accade nel sé sociale sempre più minacciato da equilibri instabili, dall’eco dell’imprevedibilità dell’esistenza, dallo stretto legame che sussiste tra le forme di dipendenza/rassicurazione e distacco/angoscia. Ecco perché Aglieco parte dalle primissime fasi evolutive per insegnarci a guardare/sentire parole, linguaggi, luoghi, emozioni e simbolismi: i bambini sono il punto focale intorno a cui si sviluppa il mondo degli adulti e il futuro. Imparare a sostituirsi a essi, in modo empatico, ci permette di comprendere il disagio soggettivo e lo svantaggio sociale dell’eventuale comportamento emozionale patologico. Il senso di responsabilità educativa dell’autore analizza, fruga, penetra gli scenari interiori attraverso l’osservazione esteriore (muro, cortile, buio, mare, candele …) di fasi simboliche che cristallizzano le fasi senso-motorie funzionando a livello di esercizio di incroci tra la lingua dialettale, lo sviluppo del pensiero e la disponibilità all’azione appropriata. Si sopravvive al pianeta sociale con la preghiera, con l’atto di accoglimento dello stereotipo, del pregiudizio, della selezione naturale, attraversando la perfezione di un disegno a priori che si libera della superstizione, della paura, della punizione, del male. La Madonna/madre ridimensiona l’impatto con la propria vulnerabilità. Padre e madre diventano i portatori di un meccanismo riproduttivo sempre più di fondamentale riferimento e non figure casuali e l’amore/salvezza/purificazione ritorna a sollecitare la comprensione della conflittualità interiore distruttiva per sentirsi sostenuti e automaticamente aiutati a evolversi, a migliorarsi. (rita pacilio)


Guardo le foglie nel margine
la luce che alimenta e che abbandona.
Ecco: toccàti, sfiorati sulle labbra.
Così è la parola che vi mostra al mondo nella
luce brevissima, nel suono che
non deve niente alle cose.
Questo il canto delle foglie che ascolto
mentre muoio al tempo senza
rimpianto, senza pianto.

***

cuntàri i vistìti nna muàrra
i miricinàli
l’ugghi e ‘n pezzu ri manu
ràpiri l’acqua
vattìari i muri
rùmpiri uci e scantu
ittàri u malu sancu
mittìrisi u vistitu jancu
irinìrisi

contare i vestiti nell’armadio/le medicine/gli aghi e un pezzo di mano/aprire l’acqua/battezzare i muri/spezzare voce e paura/buttare il cattivo sangue/vestirsi di bianco/andarsene

***

Scrivo da questa altezza
Binario 21, vertigine dei miei giorni.
Liberami, signore, da questi lacci
contempla il tempo mio tutto
nella vertigine e nella gola
spalancami negli occhi dei bambini
liberami di me, da me stesso
dalle mie parole.

Io volevo parole per tutte le cose
ma le cose, nutrite, morivano.


Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco è nato a Sortino (Sr) nel 1961. Ha pubblicato il libro di poesie giovanili Minime, 1985, seguito da Grandi frammenti, 1995, Le colonne d'Ercole, 1996, La tua voce, 1997. Testi e articoli sono apparsi nelle riviste "La Rosa Necessaria", "Galleria" e nell'antologia La luce, curata da Alessandro Catà. Si occupa di didattica del teatro e ha fondato, con un gruppo di adolescenti, "Teatrinsieme", per una nuova poetica del teatro dei bambini e dei ragazzi. Vive a Monza dove insegna nella scuola elementare. Insieme a Luigi Cannillo e Corrado Bagnoli, fa parte del comitato di redazione della collana di poesia Sguardi, diretta da Gabriela Fantato, dell’editore La Vita Felice



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines