Nove volte campione del mondo. Leggenda vivente di una tra le discipline automobilistiche più tecniche e spettacolari di sempre. Sébastien Loeb incarna la figura di riferimento quando si parla di rally. Il pilota francese, assieme al compianto Colin McRae, in questi ultimi vent’anni ha indubitabilmente fatto la storia della disciplina frantumando record su record. Prendendosi formalmente una pausa dalle corse dopo una sfolgorante carriera costellata di allori, è tornato nel 2015 alla guida di una Citröen DS3 partecipando all’impegnativo rally di Montecarlo dimostrando, ancora una volta, tutta la sua classe. Loeb, come farebbe qualunque vero appassionato, non ha mai smesso di dedicarsi anima e corpo a ciò che più ama fare, arrivando a prestare – pare, più che volentieri – il suo nome ed il suo expertise al team di sviluppo Milestone. Da quando il titolo venne annunciato, i dubbi si sono affastellati in modo preoccupante. Ad esempio, questi veterani dei motori saranno riusciti a superare l’empasse scaturito dalla “perdita” della licenza WRC, ora passata nelle mani dell’inesperto team francese Kylotonn Games? Sotto il profilo dei contenuti, saranno riusciti a superare i livelli raggiunti in precedenza? L’esperienza di guida proposta sarà più simulativa e soddisfacente o puramente “arcade”? Ma, soprattutto, riusciranno a battersela ad armi pari con gli agguerriti competitor presenti e futuri? Dopo WRC 5, infatti, si appresta a fare il suo debutto su console l’ambiziosa killer application che ha già seminato meraviglia e stupore tra gli utenti PC: DiRT Rally. Alcune delle risposte che cercavamo le abbiamo trovate macinando chilometri, saltando su auto sempre più performanti e sporcando la carrozzeria con polvere e fango. Ci togliamo il casco e, madidi di sudore, vi raccontiamo come è andata.
VARIETÀ CONTENUTISTICA
La nuova fatica di Milestone ci accoglie col suo carico di punti di forza e diverse debolezze che impediscono al titolo, pur facendo bella figura, di volare su picchi qualitativi elevati per gli standard attuali. Partiamo dai punti di forza, questi sì, fortunatamente presenti in gran numero. Sin da subito appare evidente che Sébastien Loeb Rally Evo non è un videogioco prodotto avendo l’unica intenzione di sfruttare come uno specchietto per le allodole la visibilità del nome del grande campione alsaziano. Sotto la scocca, per così dire, c’è di più. Questo punto viene messo in chiaro sin dalla schermata principale, o meglio, sin dal Quartier Generale della nostra scuderia. Una cava “abbandonata”, riarrangiata per l’occasione, costituisce il miglior pretesto per le prime derapate da esordienti e, soprattutto, per prendere confidenza con la nostra auto. La prima di tante. Il titolo, infatti, ci pone di fronte ad un’ottima varietà contenutistica che tiene alta l’attenzione del giocatore e permette di non annoiarsi ripetendo sempre gli stessi percorsi. Procediamo con ordine.
Oltre alla prova libera – in cui testare senza pressioni le auto all’interno del QG – sono presenti le classiche gare veloci (suddivise in rally singoli, rallycross, sfide contro il tempo e la temibile prova hillclimb di Pikes Peak), la modalità Carriera e la Loeb Experience, di cui parleremo tra breve. La modalità Carriera costituisce, senza alcun dubbio, il cuore pulsante attorno cui gira l’intera esperienza di gioco. In quest’ultima facciamo il nostro ingresso nel mondo delle corse da perfetti sconosciuti e dobbiamo aprirci la strada verso le prime posizioni del ranking mondiale attraverso nove eventi principali (a loro volta suddivisi in rally, prove singole, speciali, etc.). Queste prove si differenziano per le diverse categorie di auto rappresentate. Si va dalle 2WD ai bolidi della categoria B, dalle vecchie glorie degli anni ’70 sino ai potenti prototipi dedicati all’hillclimb. Il nostro garage digitale, dapprima desolatamente vuoto, si amplierà mano a mano che completeremo gli eventi grazie alla presenza di ben diciassette costruttori. Salendo sul podio si guadagnano soldi, necessari ovviamente per acquistare nuove auto. Inoltre, gareggiando si guadagnano anche dei preziosi punti Reputazione, i quali servono ad accedere agli eventi speciali, denominati Loeb Events, da considerare come una sorta di corposo contenuto “end game“.
La Loeb Experience consente, invece, di rivivere le tappe fondamentali della carriera del pilota alsaziano dall’esordio del 1998 fino ad oggi attraverso una docu-intervista dedicata alla vita campione e suddivise a seconda del campionato disputato e della vettura guidata: dalla Saxo alla Xsara tra il 1998 e il 2005, alla C4 e DS4 tra il 2007 e il 2014. In questo caso, oltre a guadagnare denaro prezioso, c’è la possibilità di aggiungere al nostro garage le auto guidate dal campione francese. Dobbiamo ammetterlo, una quantità di contenuti di tutto rispetto, sorretta da una struttura di gioco solida e coerente a cui si aggiunge un comparto multiplayer dedicato sia alle prove classiche (contro i ghost degli altri giocatori), sia ai rallycross (vere e proprie gare su circuito con più auto).
UN GIOVANE CAMPIONE
Sinora abbiamo parlato della pletora di contenuti con cui Milestone cerca di tenerci impegnati, senza fare alcun accenno alla quantità (e alla qualità) dei tracciati proposti. Ebbene, questi ultimi non solo ci mettono di fronte ad una buona varietà ambientale con tracciati che spaziano dal Galles all’Alsazia, dal Messico alla Svezia sino alle riarse terre australiane, ma si sono dimostrati anche molto impegnativi e difficili. Sotto questo punto di vista il team di sviluppo (coadiuvato sempre dalla preziosa consulenza di Sébastien Loeb) ha svolto un ottimo lavoro di ricerca e studio, digitalizzando in modo fedele percorsi realmente esistenti. Consistenza e condizioni del terreno variano, ovviamente, a seconda del rally prescelto con sentieri sterrati, fondi scivolosi e ghiacciati ed asfalto. Manca del tutto, però, la componente dinamica. Le condizioni meteo e dei tracciati non possono modificare. La mancanza lascia un po’ l’amaro in bocca, se paragonata ai traguardi raggiunti da altre produzioni del recente passato. Ciò toglie anche un po’ di quel divertimento e di quelle incognite che dovrebbero circondare la parte dedicata al settaggio dell’auto. Infatti, una volta che si conosce la condizione del terreno di gara si andranno ad utilizzare sempre le medesime impostazioni. Un vero peccato, perché le opzioni di settaggio del bolide si presentano davvero complete, così come le differenti visuali disponibili (di cui quella all’interno dell’abitacolo rimane sempre di gran lunga preferibile). Infine, non poteva certo mancare l’analisi dedicata al modello di guida. Anche in questo caso possiamo modificare la difficoltà dell’esperienza di gioco, aggiungendo o togliendo gli aiuti, come la traiettoria luminosa, l’assist per la frenata e la quantità di “rewind” a disposizione. È possibile, infatti, riavvolgere l’azione sino a qualche secondo prima dell’errore fatale. I neofiti ringrazieranno sicuramente, mentre i più esperti si getteranno immediatamente su un livello di difficoltà molto più simulativo.
Ecco. La simulazione. Una questione spinosa che, ancora una volta, stenta a ricevere il dovuto spazio nel lavoro del team italiano. In particolare abbiamo notato come la gestione della fisica dell’auto non venga gestita in modo del tutto corretto. Infatti, indipendentemente dal modello, tutte le auto guidate tendono ad avere uno scarso feedback con la superficie impattata. Ciò emerge, essenzialmente, attraverso due aspetti: il pattinamento, che spesso e volentieri tende a regalarci sovrasterzi da brivido impossibili da controllare in curva, e gli impatti contro gli elementi ambientali a corredo del tracciato che, il più delle volte, appaiono del tutto irrealistici. Basta metter le ruote fuori dal tracciato, oppure toccare lievemente qualcosa – anche la più insignificante – che l’auto diventa incontrollabile, volando e capottandosi non solo con molta facilità, ma anche nei modi più strani. In alcuni frangenti sembra quasi che la macchina non abbia alcun “peso reale” e slitti senza attrito su una superficie uniforme. Certo, tanti direbbero che basta semplicemente prenderci la mano, soprattutto utilizzando il controller, ma ciò non toglie un buon grado di frustrazione iniziale.
ATTENZIONE, TRE, APRE, DOPO DOSSO!
Per ciò che attiene al comparto puramente tecnico, l’opera di Milestone soffre di alcune criticità di fondo che è difficile non notare e che non riescono ad essere “coperte” del tutto dai punti forti del titolo, comunque presenti in buon numero. Abbiamo già fatto cenno all’ottima varietà dei tracciati, ne mancano però alcuni, come il Sud America e il Giappone, oltre alla completa assenza del meteo dinamico. Il parco vetture non è da meno, con circa cinquanta auto acquistabili che ripropongono fedelmente i maggiori competitors del campionato rally (oltre ad alcune vecchie glorie che ne hanno scritto la storia). La qualità poligonale si fa apprezzare per modellazioni dettagliate tanto dei tracciati quanto delle auto, nonostante permangano alcune debolezze relative agli elementi di contorno che soffrono volentieri di texture grezze e spigolose.
Un’ottima draw distance, azzoppata sporadicamente da alcuni pop up randomici, aiuta la visuale con orizzonti puliti e chiari, permettendo all’occhio di considerare leggermente in anticipo i cambi di direzione, sopperendo così alle indicazioni del nostro secondo. Queste, pur essendo sempre puntuali, possono essere fraintese per distrazione o a causa della velocità con cui ci vengono comunicate. Il frame rate è bloccato a 30 fps fissi ma, fortunatamente, non soffre di alcun calo mantenendo fluida l’azione anche con molti elementi ambientali presenti a schermo. Ci saremmo, infine, aspettati di più riguardo alla qualità degli effetti particellari e luminosi – troppo elementari -, nonché nel feedback dei danni, un tantino approssimativo e poco realistico nel riprodurre le collisioni. Buono, invece, il comparto sonoro che riproduce senza grandi stonature gli effetti delle auto e la voce del navigatore, quest’ultima comunque sempre comprensibile.