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Secoli d’oro, altro che bui

Creato il 02 novembre 2011 da Senziaguarna

di Antonio Giuliano

Secoli d’oro, altro che bui

Particolare di miniatura dalle Scene della Vita di San Girolamo - Prima Bibbia di Carlo il Calvo, 846 circa, Parigi, Bibliothéque Nationale de France.

Quando si parla di Medioevo, il pregiudizio è ancora duro a morire. I secoli dell’età di mezzo, soprattutto quelli del primo millennio, sono stati eti­chettati come bui e chiusi al pro­gresso, figurarsi se possono essere considerati come i primi trampolini di lancio dell’economia europea moderna. Ma Michael McCormick, storico dell’Università di Harvard, è pronto a sfidare i più ostinati luoghi comuni, dopo aver raccolto una mole impressionante di indizi nel suo libro Le origini dell’economia europea. Comunicazioni e commer­cio 300-900 d.C., edito in Italia da Vita e Pensiero. Lo studioso ha maturato la convin­zione che l’economia mercantile europea non sia cominciata dopo il fatidico anno Mille, ma già nell’Alto Medioevo, in particolare negli ulti­mi decenni dell’VIII secolo. Docu­menta come durante il regno di Carlo Magno il bacino del Mediter­raneo fosse in continuo fermento.
Lo testimoniano 669 storie di viag­giatori che forniscono una quantità di dati importanti sulle rotte e sulle generalità di coloro che partivano. Sappiamo così che erano in mag­gioranza ambasciatori e pellegrini, ma che sfruttavano imbarcazioni mercantili. Le raccolte di reliquie svelano poi le comunicazioni tra le chiese della Gallia centrale e i san­tuari dell’Asia Minore, dell’Africa, dell’Egitto e i legami con la Terra Santa e il Sinai. Così le monete, sia quelle citate nei documenti altome­dioevali sia quelle arabe e bizantine scoperte nel suolo dell’Europa occi­dentale evidenziano un afflusso di ‘dinari’ arabi in Italia dal 775 circa: arrivavano soprattutto attraverso l’Adriatico e Venezia e salivano oltre le Alpi lungo il Reno e verso i terri­tori slavi lungo il Danubio. Le date sulle monete permettono anche di ricomporre la cronologia delle arte­rie, dimostrando come l’Europa ca­rolingia comunicasse con il Medio Oriente attraverso la vecchia rotta tra Roma e l’Egeo ma anche attra­verso nuove vie battute dai viaggia­tori di fine VIII e inizio IX secolo.
Persiste ancora il convincimento che al tempo di Carlo Magno l’eco­nomia agraria fosse stagnante e chiusa, poiché i grandi monasteri e il tesoro reale con i loro estesi pos­sedimenti producevano soltanto per le proprie necessità. In realtà, grazie a metodi innovativi nella la­vorazione della terra e all’impiego dei mulini ad acqua, i raccolti era­no così abbondanti che le ecceden­ze venivano poi vendute nei merca­ti periodici regionali e non solo. Ad esempio l’abbazia di Saint Denis la­vorò per l’espansione della sua fiera internazionale: miele e tintura ros­sa, oltre al vino, attiravano mercanti a cavallo da tutt’Europa e dall’Asia.
Si stimolavano così la manutenzio­ne delle strade e lo sviluppo di porti fluviali. I grandi corsi d’acqua, co­me il Reno, offrirono benefici enor­mi allo sviluppo dei commerci ver­so il Mare del Nord. L’economia franca aveva relazioni con la Scandinavia e l’Inghilterra, i territori slavi e quelli dell’impero bulgaro, Bisanzio e la Spagna mu­sulmana. C’è da dire infatti che l’e­spansione araba non arrestò il flus­so crescente delle comunicazioni e del commercio, ma offrì ricchezza e mercati che favorirono il decollo occidentale. Anche perché nell’VIII secolo la situazione interna euro­pea fece aumentare la domanda di beni esotici. Le economie europee si intrecciarono con quelle del mondo musulmano e di Bisanzio. L’Europa importava spezie incenso, seta e persino le prime droghe usa­te come ingredienti dalla farmaco­logia araba.
E le navi occidentali partivano con tessuti, stagno, pelli o le ambite spade franche. Dal 770 all’830 queste reti di comu­nicazione furono favorite dall’ecce­zionale stabilità politica dell’impero carolingio, fino a quando esso fu scosso da guerre civili e attacchi vi­chinghi e magiari. Occorre peraltro riconoscere che fu un periodo non privo di contraddizioni, come l’im­pulso venuto dal commercio di schiavi occidentali. La vendita di europei alle più avanzate economie dell’Africa e dell’Asia, giocò un ruo­lo decisivo per l’economia dell’Eu­ropa: la forza dei loro corpi faceva gola al potente Califfato. Così come bisogna ammettere che la varietà dei beni in circolazione era ancora modesta in rapporto a secoli più prosperosi. Ma l’VIII e il IX secolo gettarono le basi per il progresso degli inizi del primo millennio. Quando Carlo Magno conquistò l’I­talia riuscì a saldare il fiorente mon­do politico, culturale ed economico dell’Europa transalpina a quello ri­sorgente della pianura padana. Il sovrano in persona entrò in contat­to non solo con Alemanni, Sassoni, Danesi, Anglosassoni, Longobardi e Visigoti, ma anche con Arabi, Ebrei, Bizantini e Slavi. «E forse – scrive McCormick – mai nella sua storia l’Europa sarebbe stata di nuovo così aperta culturalmente, in così tante direzioni, in così tanti modi».

da “Avvenire”, 7 Marzo 2009



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