Tornare alle origini ogni tanto fa bene e Second Chance lo conferma. Difatti Susanne Bier, dopo aver fallito clamorosamente a Hollywood, richiama tutta la sua “danesità” in un dramma che rimane costantemente in bilico tra il moralmente accettabile e il politicamente corretto. Proprio come richiedeva quel Dogma 95 ormai abbandonato dai massimi esponenti cinematografici danesi (vedi Thomas Vintenberg e Lars Von Trier).
Andreas è un poliziotto e un padre modello per il piccolo Alexander. Tristan invece è un delinquente che si droga e che trascura il suo bebè Sofus. Scoperto il maltrattamento del bambino, Andreas tenta di togliere la paternità a Tristan, ma non sarà possibile a causa dell’ostracismo dei servizi sociali. Una tragica fatalità finirà per metterli nuovamente di fronte.
Dopo i recenti e importanti tonfi in terra statunitense, la Bier realizza una pellicola che esibisce il tema della disperazione declinata in diversi aspetti. Se da una parte c’è tutta la tragicità della perdita di un figlio, lo spettatore si trova a osservare la disperata realizzazione di un pentimento, che rischia di portare alla pazzia e alla difficile convivenza con se stessi. È questo principalmente il modo con cui la regista danese vuole sviscerare la vicenda, con tanti suoni extra-diegetici e un utilizzo della macchina da presa opprimente, impegnata a cogliere sguardi e inquietudini. Sono proprio le espressioni del poliziotto Andreas (“giudice” e dispensatore di cosa è giusto e di cosa è sbagliato) e della moglie Anna (donna fragile) che definiscono la pellicola. Il taglio registico che Susanne Bier intende dare a Second Chance passa attraverso l’espressività di questi due personaggi e di coloro che gli girano intorno (soprattutto il collega di Andreas, alcolista e pronto a far svoltare la propria vita).
Second Chance tratteggia il filo della tensione e della morale in modo netto e definito; vive di alcuni momenti “morti” che ne rallentano lo svolgimento, ma nonostante ciò è un prodotto che riporta la Bier laddove aveva cominciato a convincere pubblico e critica. I primi piani (stretti significativi) esprimono molto più delle parole e dei dialoghi, che popolano saltuariamente la pellicola.
Pugno nello stomaco ben assestato, ma che proprio in chiusura scansa l’amoralità per adagiarsi tra le braccia della correttezza, Second Chance conferma il ritorno alla brutale emotività della Bier e del suo cinema.
Uscita al cinema: 2 aprile 2015
Voto: ***