Security Coaching: Peak Performance nella Sicurezza Personale

Creato il 13 agosto 2010 da Ekis Sport Coaching @Ekis_srl

Ciao e benvenuto al primo articolo che ho il piacere di scrivere per Ekis Sport.

Da più di dieci anni mi occupo di insegnare alle persone a difendersi in situazioni critiche con una attenzione particolare all’allenamento mentale. Insegno quella che viene generalmente identificata come difesa personale.

Io preferisco chiamarla Sicurezza Personale, innanzitutto perché così ha una connotazione più positiva e proattiva e soprattutto per il fatto che ciò che viene normalmente identificato come autodifesa (le tecniche) è solo una parte, benché ovviamente essenziale, del mio sistema di sicurezza personale.

Ho studiato la PNL e le tecniche di coaching e le ho progressivamente introdotte nei corsi.

Ho studiato, alla luce di queste conoscenze, i modelli di eccellenza di persone particolarmente sicure e capaci di difendersi, anche in contesti ad alto livello di violenza, come i conflitti armati. Ho confrontato le storie di persone che sono sopravvissute ad aggressioni, a guerre e a prigionia e ne ho estratto le strategie.

Ho scoperto un principio che sta alla base del potenziale di autodifesa di ogni persona: “Le persone sono disposte a difendere solo ciò che reputano degno di essere difeso”. E questo vale anche e soprattutto per se stessi. Su questo punto ottengo grandi cambiamenti lavorando sulle credenze e sull’identità.

L’attitudine a difendersi, e anche ad adottare comportamenti di sicurezza, vale a dire che ci portano lontano dai conflitti, è direttamente legata all’autostima, all’immagine di sé e ovviamente allo stato d’animo in cui ci si trova (in coaching definito State).

Per contro esiste una disciplina che si chiama vittimologia, una branca della criminologia, che studia il comportamento delle vittime. Da quanto emerge da queste ricerche possiamo estrarre le strategie disfunzionali. E scoprire una relazione diretta tra fisiologia e propensione a subire una aggressione,

E’ quello che viene identificato come profilo vittimogeno delle persone e viene “letto” molto precisamente da parte del “predatore” che lo utilizza nella scelta della propria vittima.

Sulla base di queste e di molte altre considerazioni ho progressivamente creato l’idea di Security Coaching.

In questo modo utilizzo la PNL per allenare la mente ad essere pronta nelle varie fasi di una potenziale aggressione:

  • Prevenzione: atteggiamenti di sicurezza, soglia dell’attenzione, fisiologia potenziante e profilo vittimogeno alto (vale a dire comportarsi, muoversi, parlare e respirare in maniera sicura, anche e soprattutto nei momenti maggiormente critici);
  • Preconflittuale: fisiologia potenziante, state funzionale alla negoziazione, comunicazione assertiva, body language,atteggiamento proattivo;
  • Conflittuale: fisiologia, ancoraggi, focus, azione;
  • Postconflittuale: gestione del trauma, timeline, senso della storia.

Nel Security Coaching utilizzo in buona parte gli stessi strumenti dello Sport Coahing, anche se è importante tenere in considerazione alcune importanti differenze tra uno sportivo e una persona che subisce un’aggressione:

  • Uno sportivo sceglie di affrontare quella sfida, una persona che viene aggredita la subisce;
  • Uno sportivo professionista ha come principale focus delle sue attività prepararsi alla prestazione, l’altro no.
  • Uno sportivo sa esattamente quando, dove e contro chi dovrà confrontarsi, l’altro no.
  • Uno sportivo sa cosa rischia (il titolo, la carriera, il podio…), l’altro no (il portafoglio, una coltellata, la vita…)

Per questo è molto importante trovare degli ancoraggi forti che siano presenti e riproducibili in una situazione di cui si conosce poco o nulla.

Durante gli allenamenti insegno ai miei allievi a portare lo sguardo alla gola dell’avversario, mantenendolo il più sfocato e allargato possibile. Questo tipo di visione consente di avere tutta la sagoma all’interno del proprio campo visivo e di percepire in anticipo i micromovimenti che anticipano i colpi che stanno per arrivare.

Consente inoltre di evitare il gioco di sguardi che causerebbe il fissare negli occhi l’avversario, di spersonalizzare l’aggressore e di avere una maggior visione dell’ambiente. E anche di focalizzare un punto sensibile che sarà possibile bersaglio dei nostri colpi.

Ovviamente è un tipo di visione  inusuale nella quotidianità e tipico della pratica delle tecniche.

Ecco quindi che ne posso fare un’ancora molto efficace.

In allenamento gli allievi utilizzano questa visione nei momenti di massima prestazione, capacità e sensazione di sicurezza. Lo utilizzano via via in situazioni di stress indotto sempre maggiore e si abituano a percepire lo spostare lo sguardo di qualche grado in basso come un interruttore per accedere allo State.

E’ uno stimolo visivo e cinestetico allo stesso tempo. Alcuni allievi aggiungono in contemporanea anche uno stimolo uditivo abituandosi a ripetere nella propria mente una parola chiave nell’istante stesso in cui spostano lo sguardo (ed esempio “pronto” o “combat” o quella che preferiscono).

In questo modo anche nella situazione più inaspettata e  critica, quando si troveranno istintivamente a portare lo sguardo alla gola dell’avversario, sentiranno dentro di sé la parola chiave e accederanno a tutte le risorse create in allenamento, trovandosi nello stato in cui esprimere al massimo le proprie potenzialità.

Bello vero?

E ti dirò di più. Gli allievi dei nostri corsi, abituandosi ad affrontare in questa maniera, e con molto realismo ed immedesimazione, situazioni ad alta criticità, stanno in realtà programmando la propria mente inconscia ad affrontare così le piccole e grandi sfide della vita.

Fortunatamente una percentuale minima di loro si troverà a dover gestire un’aggressione armata, ma molti si troveranno ad affrontare una sfida della vita. Una difficoltà economica o di carriera, un lutto, una malattia, una crisi sentimentale.

E molti allievi e allieve mi hanno detto “Sai quando mi sono trovato nella massima difficoltà mi sono tornati in mente gli allenamenti e quello che ci hai insegnato, ho modificato la visione, ho sentito la parola e… ho sentito una forza incredibile dentro di me. E ho affrontato la situazione da vincitore.”

Questa per me è la parte più importante e gratificante del mio lavoro, del Security Coaching.

Nei prossimi articoli affronteremo vari aspetti più specifici, come ad esempio, “come faccio ad essere più coraggiosa/o?”

Grazie per aver letto questo articolo e buona giornata!

Di Federico Fogliano


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