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Sedicenne rimane incinta e non vuole abortire: i genitori chiedono al Tribunale di "costringerla"
Da AvvdanielaconteUna ragazza di sedici anni, figlia di genitori separati, conosce un 18enne di origine albanese e si innamora. Il ragazzo è molto geloso : maltratta la fidanzatina (le vengono trovati segni di lividi sul corpo), si appropria della sua scheda di cellulare per impedirle di parlare con gli amici. La ragazza rimane incinta una volta, ma si lascia convincere a prendere la pillola del giorno dopo. Rimane incinta una seconda volta, e non vuole saperne di ricorrere all'aborto.
I genitori le provano tutte: cercano di farla convincere dalla sorella maggiore - una sorta di "seconda mamma" -, restringono molto la sua libertà. La pregano anche di pensare al suo futuro, ma la ragazza è irremovibile. E' sicura che, insieme al fidanzatino, riuscirà a trovare una casa e un lavoro, che consentiranno di crescere il bambino/a che porta in grembo.
Disperati, i genitori si rivolgono allora al Tribunale dei minorenni. Chiedono che l'aborto della figlia sia "ordinato" dal Giudice con una sentenza o, in subordine, che i due fidanzatini siano allontanati e, in ulteriore subordine, che in caso di nascita del figlio il giovane padre non possa riconoscerlo.
Tuttavia, le richieste dei genitori della giovane incinta trovano un ostacolo nella legge n. 194 del 1978 (c.d. legge sull'aborto): l'art. 12, infatti, stabilisce che "La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela".
Questo significa che la volontà della donna incinta, anche se minorenne, assume rilievo preminente e non può essere "coartata".
L'interruzione volontaria della gravidanza è un diritto, non un dovere. Si tratta di una questione delicata di competenza degli assistenti sociali, più che dell'Autorità Giudiziaria.
Pertanto, anche se la famiglia della 16enne incinta agisce in buona fede, per il bene della figlia, non può trovare soccorso nella legislazione vigente.
Roma, 9 dicembre 2011 Avv. Daniela Conte
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