Ci allontanammo, nel frattempo i Dioscuri riprendevano lentamente conoscenza.
Parlò Castore per primo:
«Non ci pagano nemmeno, e si permettono di inveire in tal maniera contro il Santissimo Rock? Adesso ci vado io da quell’arpia e vediamo se ha il coraggio di ripetere ciò che ha detto.».
«Lascia perdere fratello, non ti abbassare!», lo trattenne Polluce.
«No, no, quando ci vuole, ci vuole. Questi ragazzi si sono fidati di noi e non meritano tutto ciò. E poi l’hai sentita, ha detto che ODIA il rock, capisci? Va punita!».
«Lascia perdere, fratello. Sono altre le soddisfazioni nella vita. Riderà ben chi riderà ultimo.».
«Ok, ok, ma mi fermo solo perché mi state trattenendo tutti.».
Polluce si voltò verso di noi, per cercare assenso e rispondemmo di sì, ma con poca convinzione, in realtà aspiravamo tutti al massacro dei miscredenti.
«Dunque che si fa?», chiese Ruggero infine!
«Per punire lo sproloquio blasfemo di quella stregaccia che odia il Rock?», risposi domandando ancora.
«No, intendo dire, visto che non ci pagano, abbiamo il tempo limitato e ci sono pure problemi con le consumazioni gratuite… dico, non è meglio che ce ne andiamo?».
«Ma abbiamo già montato gli strumenti e la batteria!», protestò Gianni bonzetto.
«E poi stanno arrivando i nostri amici », disse Castore «voi non avete invitato nessuno?».
«Beh, sì, qualcuno lo abbiamo invitato.».
«E allora si suona. È pericoloso scontentare il pubblico. Riguardo le consumazioni, ognuno faccia ciò che vuole ma io vi consiglio di fare i signori e non prendere nulla.», fece il chitarrista.
«Io non so cantare senza whiskey!», dissentiva il Polluce.
«Tu non sai cantare e basta! Ad ogni modo, pazienza fratello, pazienza!!!».
«Bastardi!», urlai incazzato come Odisseo che non può costruire un cavallo di legno perché il boschetto lì vicino è stato abbattuto al fine di far posto ad una struttura in cemento armato dalle funzioni non troppo definibili.
«Giaaaaà, bastardi. Anzi, sapete che vi dico? Boicottiamoli!!!», fu la trovata di Castore.
«Come?».
«Dite agli amici che verranno… … se verranno… … che se vengono, tanto, stasera qui saranno tutti amici nostri e basta, altro che pubblico, ve lo dico io … … …comunque, sto tergiversando, dite a tutti gli amici di non consumare. Non prendano nulla…così quelli non vendono una coca e ci restano fregati.».
L’idea piacque a tutti.
Alle 22:30 il locale era abbastanza vuoto, ma i pochi che c’erano, effettivamente, erano quasi tutti amici nostri: circa una quindicina di persone, più quattro che nessuno conosceva. Forse neanche loro si conoscevano a fondo…
«C’è un altro problema, Castore!», disse il fratello al fratello.
«Quale problema?».
«Noi facciamo appena tre pezzi: Cocaine, Baby please don’t go e quella specie di blues che dovrebbe essere Sweet home Chicago.».
«Eh?».
«E come “eh”? Sono pochini…dobbiamo fare un ora di spettacolo prima di quello del piano bar. Ed è pure una fortuna, se no due ore di concerto chi le teneva!?!».
«Giaaaà, mhhmhm…allora è proprio vero che non tutti i mali vengono per nuocere. Comunque ho un’ideona, allunghiamo il blues finale alla fine, nel momento prima che finisca. Un gran finale, insomma».
«Mah, che schifo d’inizio! Pure il gruppo spalla ad Orazio Bestiozzo dovevamo finire a fare!?!».
«Giaaaaà!».
Gaetano Celestre