Segnalazione e nota a cura della Dott.ssa Olga Ines Luppino, Psicologo, Segretario generale dell’Associazione “Zero39 – All professional services in one network”.
Quanto spesso vi è capitato di prendere parte ad una discussione tra colleghi o tra amici e di trovarvi ad un certo punto senza nulla da dire anche per pochi secondi e, perché no, in imbarazzo per il vostro “silenzio”?
Un lavoro di ricerca condotto da studiosi olandesi dell’Università di Graningen ha a tal proposito preso in esame gli effetti, su di un gruppo di giovani volontari, di brevi pause di silenzio ad interruzione di conversazioni fluenti.
Partendo dall’ipotesi secondo cui la fluenza di una conversazione si associa a sentimenti a valenza positiva (approvazione sociale, appartenenza al gruppo, autostima) laddove invece le interruzioni provocano sensazioni negative, quale ad esempio quella di rifiuto, gli studiosi hanno analizzato, attraverso due diversi studi, le reazioni di 162 studenti universitari (102 per il primo studio e 60 per il secondo) assegnati casualmente a condizioni diverse (conversazione fluente vs. conversazioni interrotte).
Le reazioni dei volontari, sottoposti a scenari, scritti o videoregistrati, in cui conversazioni di gruppo erano o meno interrotte da silenzi di durata variabile, hanno dimostrato che pause brevi, di soli 4 secondi su 6 minuti di conversazione, sono sufficienti a generare una qualche sensazione di disagio, di paura, di rifiuto; tali effetti si manifesterebbero inoltre anche in assenza di una reale consapevolezza della pausa da parte dei soggetti. Interruzioni di durata inferiore ai 4 secondi sembrano essere facilmente gestite e tollerate, laddove pause più lunghe possono invece essere interpretate come indice di “qualcosa che non va” e diventare difficili da sopportare o comunque fonte di imbarazzo e “sofferenza”.
Quando la conversazione avviene in maniera armoniosa dunque la fluenza del discorso funge da segnale del fatto che “le cose vanno per il verso giusto” ed i partecipanti sperimentano una sensazione di “appartenenza” al gruppo; la non fluenza, di converso, pare avere effetti molto simili a quelli risultanti da esperienze di ostracismo, elicitando sentimenti di rifiuto da parte dell’altro e confermando la spiccata sensibilità dell’essere umano ai segnali di esclusione sociale.
Fonte: Koudenburg, N., et al., Disrupting the flow: How brief silences in group conversations affect social needs, Journal of Experimental Social Psychology (2011), doi:10.1016/j.jesp.2010.12.006
Dott.ssa Olga Ines Luppino
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