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Dopo un prologo ambientato alla fine degli anni ‘50 in cui in una scuola elementare si seppelisce una capsula temporale con alcuni disegni fatti dagli alunni e un foglio fitto di numeri disegnati da una taciturna e inquetante bambina di nome Lucinda, si torna al presente, sono trascorsi circa cinquant’anni, al disseppellimento della capsula assistono John e Caleb Koestler, John (Nicolas Cage) è un astrofisico che insegna all’MIT e che ha perso di recente la moglie, Caleb è suo figlio, è a lui che viene consegnato il misterioso foglio. John in una notte agitata in cui in preda alla depressione beve un pò troppo, scopre casualmente che i numeri che sembrano scritti a caso sul foglio hanno in realtà un senso, poi grazie ad internet i numeri diventano date di catastrofi e numeri di decessi, infine un evento devastante mette John davanti ad una terrificante verità, le ultime tre cifre riportate sul foglio sono di disastri non ancora avvenuti. Cosi Kostler comincia a cercare indizi, provando a rintracciare Lucinda la bambina che aveva scritto cinquant’anni prima le profezie numeriche, nel frattempo strane presenze cominciano a visitare la sua casa, mentre il piccolo Caleb è terrorizzato da strane voci e apocalittiche visioni.
Il film riesce a coinvolgere e ad attirare l’attenzione con una trama ben orchestrata. La storia ruota intorno al solito personaggio con il complesso dell’eroe, sempre tormentato da qualche evento traumatico del passato che lo porta inesorabilmente ad agire in maniera piuttosto sconclusionata e al limite del pericolo. Fortunatamente è uno dei pochissimi elementi negativi che caratterizzano la pellicola. Le tematiche sfiorate dal film sono avvincenti. La riflessione parte spontanea poiché tutto ciò che accade non è trattato in maniera altamente visionaria e interpretabile. La fantascienza si mischia intelligentemente alla religione cristiana, e i riferimenti al misticismo sono molteplici, a partire dalla suddetta profezia di numeri che è il perno centrale della narrazione, così come la figura del bambino come portatore di un messaggio di morte e il succedersi di tutti gli avvenimenti legati in qualche modo da una forza “superiore”.
Come ogni film del filone catastrofico, Segnali dal futuro mette in scena alcune delle paure più grandi dell’uomo occidentale, dando naturalmente una forma cinematografica dei vari avvenimenti. È interessante vedere come l’uomo del nuovo millennio debba sopportare un costante bombardamento mediatico riguardo le varie catastrofi (naturali e non) ed è anche per questo che nell’economia del film i notiziari sono l’unica fonte di informazioni e allo stesso tempo di terribili rivelazioni e pesi da sopportare; inoltre non si può non ricordare che l’avvenimento che ha aperto il nuovo millennio è quello che più di tutti ha scosso il mondo occidentale, ossia l’11 settembre (e non è un caso che nel film il protagonista intuisce prima di tutti questa data nella sequenza di numeri), data simbolo che dimostra come le colonne del padrone dell’occidente, gli USA, siano instabili e facili da attaccare. Le certezze sono le prime a cadere a quanto pare. L’uomo si domanda sin da sempre sul perché della propria esistenza, e le due teorie scientifiche che si affiancano sono quella deterministica e della casualità. Il film porta esemplarmente la riflessione dell’uomo contemporaneo, le domande ma naturalmente non le risposte, sebbene ci sia una interessante e sconvolgente interpretazione riguardo la stessa esistenza dell’uomo e del suo destino.
Il finale porta con se delle conclusioni, come ho detto, non chiare ma interpretabili in qualsiasi modo, quindi lascia spazio al pensiero libero dello spettatore che può gestire le immagini finali come meglio crede, sempre tenendo conto dei vari indizi (a mio avviso soprattutto iconografici) sparsi intelligentemente per tutta la narrazione.
Ecco, l’immagine riesce a dire molto in questo film. Ci sono parecchie sequenze che tengono il fiato sospeso sia per la potenza visiva sia per il montaggio (ad esempio la scena dell’aereo precipitato, comparso in tutti i trailer, viene girato totalmente in piano sequenza, ossia senza stacchi di montaggio, e con una macchina da presa a spalla che riesce in pieno a dare quel senso di smarrimento e orrore che si prova di fronte a un disastro del genere) e la catastrofi sono girate in maniera eccezionale e particolarmente realistica, lasciando finalmente da parte un accompagnamento sonoro fuori luogo. L’andamento della storia prende una piega decisamente interessante e le tematiche fantascientifiche prendono infine il sopravvento; può piacere come può annoiare, dipende naturalmente dai gusti. Era invece prevedibile la costruzione di alcuni personaggi, che alle volte agiscono senza un motivo apparentemente valido o umanamente razionale, e i dialoghi sono un’altra firma dello sistema cinematografico americano come al solito pieni di frasi fatte e scontate, pieni di buonismi e stucchevoli momenti di affetto. Lodevole è l’impegno fotografico, e alcune composizioni plastiche riescono in pieno a inquietare e a suscitare uno sgomento che da tempo (forse) non si provava nel genere fantascientifico.
Inoltre anche la colonna sonora è meritevole di essere citata, e un della musica classica accompagna alcune scene (in particolare quella finale), e si tratta della Settima Sinfonia di Beethoven, che riesce a dare un vero tocco di classe ad alcune immagini spiazzanti e terribilmente affascinanti.
Alex Proyas riesce a dirigere un film spettacolare e in un certo una boccata d’aria fresca. Finalmente la fantascienza pura e cruda si insinua nelle sale cinematografiche, e la spettacolarità non è solo gli efficaci effetti digitali ma una storia che non tradisce e non cade nel solito trip paranormale o ancora peggio nella solita favola eco ambientalista e il finale è sorprendentemente fuori dal comune, che lascia a bocca aperta per la sua non convenzionalità.
Di seguito il video-musicale dell'ultima scena del film... Per chi ha già visto il film e vuole rivedere questo bellissimo momento!
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