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Segreto di Stato vergogna delle nazioni

Da Tabulerase

topsecretÈ di questi giorni la condanna dello Stato Italiano in merito alla strage di Ustica, non mi soffermerò qui su di un argomento su cui sono già stati e saranno spesi fiumi di inchiostro, la mia attenzione vuole porre il problema del senso del “Segreto di Stato” e dell’attinenza che esso ha in merito a fatti di cui quando viene apposto impedisce la piena conoscenza. A margine della notizia della sentenza è arrivato il no alla quarta rogatoria internazionale opposto dal Belgio, a seguire le negazioni già poste da Stati Uniti, Francia e Germania, appellandosi appunto al “Segreto di Stato”.

Dove pone le sue fondamenta questo imperativo anti-democratico che espropria il popolo dal diritto alla verità, così come si trova definita con precisione nelle affermazioni di Max Weber che individua il valore centrale dell’informazione in funzione del controllo politico, il quale  ne conosce con esattezza i termini e ne apprezza il valore. Il Segreto di Stato viene creato con il Regio Decreto 1161 del 1941 a firma di Vittorio Emanuele e, udite udite, Benito Mussolini, sicuramente il nostro Silvio Berlusconi annovererebbe questa creazione tra le “tante cose buone fatte da Mussolini”, soprattutto in relazione all’uso spropositato che ne ha fatto, opponendolo spesso, dal caso Abu Omar all’archivio segreto di Via Nazionale proseguendo con il caso Telecom-Sismi passando all’Arsenale della Maddalena.

Sull’argomento si è legificato sia nel 1977 che nel 2007 e nel 2008 ribadendo la valenza del Segreto di Stato in relazione “agli interessi supremi da difendere”. La Corte Costituzionale investita del problema ha stabilito, a detta di molti giuristi in maniera scandalosa, la supremazia sull’argomento del potere esecutivo su quello giurisdizionale attribuendogli anche un’ampia discrezionalità sulla scelta dei fatti da secretare sempre in nome della “sicurezza dello Stato”, sottoponendo la forza del decreto solo al potere parlamentare espletato in questo caso dal Copasir.

Che Stato è quello la cui sicurezza è messa a rischio dalla verità? Dalla conoscenza più che dalla notizia, differenti nei caratteri identificativi che nel caso della conoscenza sono l’organicità e la controllabilità al contrario della notizia che può provenire da qualunque  fonte e non è controllabile. Notizie per l’appunto arrivate da fonti più o meno affidabili e non controllabili sono forse meno dannose della conoscenza certificata nella sua essenza e quindi certa e stranamente, proprio per questo, nascosta dal famigerato Segreto di Stato?

Rumours e tweets sono forse meno pericolosi di una acclarata e sicura conoscenza? Non sarebbe più giusto applicarlo solo nel caso in cui un segreto pubblicizzato possa portare nocumento fisico a delle persone e non come è stato sempre fatto per nascondere le vergogne e le corruttele di loschi individui ed altrettanto innominabili affari? Ha forse senso il Segreto di Stato per nascondere traffici sottobanco come nel caso Telecom-Sismi o cessioni di sovranità nazionale come nell’affaire Abu Omar? Chi ha paura della verità?

In una democrazia compiuta che non sia solo un simulacro verbale al servizio dei poteri forti di turno la trasparenza degli atti posti in essere dai suoi rappresentanti all’uopo eletti ed operanti in nome e per conto dei cittadini dovrebbe essere un tratto essenziale. Possiamo continuare ad accettare che il potere politico possa usare questo strumento con il solo controllo di un ristretto comitato sempre di loro consimili e senza una base oggettiva, ma contando solo su una ampia discrezionalità?

In questi giorni di campagna elettorale l’unico accenno al problema è stato quello di Bersani che ha proposto di togliere il segreto di stato relativamente alla strage di Ustica, ma dobbiamo avere la forza di superare con un salto molto più lungo questo ostacolo, l’unico motivo valido dovrebbe essere, come già detto, la salvaguardia dell’incolumità fisica e comunque il tutto dovrebbe essere sottoposto ad un vincolo temporale ristretto a pochi anni non prorogabile per nessun motivo, questo potrebbe essere un ulteriore passo verso una democrazia popolare in versione 3.0 lasciandoci dietro anche la abusata versione 2.0 così spesso esaltata nelle parole e poi massacrata nei fatti dai nostri politici.


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