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Seguendo i passi dei poeti romantici a Roma

Creato il 29 settembre 2011 da Witzbalinka

Per capire cosa facessero a Roma tanti poeti, scrittori, artisti e gente per bene verso la fine del XVIII secolo, bisogna in primo luogo studiare l’abito soprattutto inglese, ma anche tedesco e francese, conosciuto con il nome di Grand Tour. In sostanza si trattava di qualcosa a metà tra un viaggio post-laurea e un percorso iniziatico. Si supponeva che ogni aspirante signore (anche se vi erano anche dame curiose) dovesse realizzare un lungo itinerario per l’Europa meridionale. La meta finale era l’Italia, sebbene alcuni abbiano osato spingersi fino alla Grecia, la Spagna, ed il poeta francese Chateaubriand giunse fino a Gerusalemme.

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Questi giovani viaggiatori dovevano completare la propria formazione accademica con la visita in situ delle rovine dell’Impero Romano e delle grandi opere del Rinascimento, e durante il tragitto venivano messi alla prova per formarsi nel carattere come nello spirito. Il viaggio era lungo (a seconda della famiglia del debuttante, durava da tre mesi a due anni), duro (si faceva a cavallo o in carrozza) e scomodo (non vi erano le infrastrutture di base che ci sono oggi), ma certamente appassionante. Accompagnati da un precettore, questi giovani si muovevano per l’Europa provvisti di lettere di raccomandazione della nobiltà locale, che accoglieva questi apprendisti cavalieri e/o dame con piacere nei propri palazzi. Come risultato di questi viaggi vennero scritti libri di ogni tipo.

Tra tutte queste opere è da segnalare, per l’influenza che esercitò, Il Viaggio Sentimentale di Laurence Sterne, pubblicato tra il 1765 ed il 1768. Il libro rappresentò una guida e un modello per altri poeti come Mary e Percy Shelley con la Storia di un’Escursione di Sei Settimane del 1817, usando per la prima volta uno stile soggettivo, impressionista e vicino al gusto romantico. Però se esiste un titolo citato come punto di riferimento del Grand Tour è senza dubbio il Viaggio in Italia di Goethe, pubblicato nel 1786. L’esperienza fu così decisiva per il tedesco che condizionò le sue opere della maturità (Faust incluso) avviandole verso quel sereno classicismo grazie al quale è considerato un apice della letteratura universale. Goethe rimase estremamente colpito dalle manifestazioni artistiche pagane, dalla forza dei nudi delle sculture classiche, dal fascino emanato dalle rovine del Foro e da tutto ciò che ricordava la civiltà perduta di una Roma che in quel momento si risvegliava dal torpore riempiendo le proprie strade di edifici barocchi. Ancora oggi c’è chi visita la Città Eterna con le Elegie Romane di Goethe sottobraccio.

Gli inglesi Keats, Ruskin, Byron ed il francese Stendhal (il cui svenimento all’uscita della Galleria degli Uffizi ha dato il nome a una sindrome, quella di Stendhal) visitarono Roma in cerca delle tracce del passato. Erano soliti stare nei dintorni dell’attuale Piazza di Spagna, piena di alloggi appositamente concepiti per questi illustri visitatori. Oggigiorno, molto vicino a Via Condotti, la via con il maggior numero di negozi di lusso della città, si trova la Casa-Museo di Keats e di Shelley, con una sontuosa biblioteca di libri ottocenteschi.

 

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Candela Vizcaíno

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