Sei anni di carcere. E come se non bastasse, vent’anni di proibizioni: di girare film, di scrivere sceneggiature, di concedere interviste e perfino di viaggiare all’estero. Queste sono le condanne che il regime iraniano ha inflitto a uno dei suoi cineasti migliori, Jafar Panahi, ben noto anche in Italia dopo aver vinto nel 2000 il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia per il suo film Il cerchio. Ecco cosa gli viene imputato: «Manifestazioni contro la sicurezza nazionale e propaganda contro la Repubblica islamica», secondo l’agenzia iraniana Isna. Inoltre anche un altro regista iraniano, Mohammad Rassoulof, è stato condannato alla stessa pena detentiva, riferisce il quotidiano Le Monde.
Sostenitore del leader dell’opposizione Mousavi nelle contestate elezioni presidenziali del 2009, Panahi era stato prima arrestato e poiliberato su cauzione dopo un lungo sciopero della fame e molte proteste internazionali. In questi mesi a Panahi è stato impedito di partecipare al Festival di Cannes come giurato e alla Mostra di Venezia dove era stato presentato un suo cortometraggio. In sua vece il regista aveva inviato questo messaggio: «Da cinque anni mi vietano di fare film. Quando un regista non è autorizzato a fare film la sua mente è già in prigione». Ora il regime degli Ayatollah l’ha imprigionato anche fisicamente. Ha tempo 20 giorni per presentare appello. Ma nessuno si fa illusioni. Incarcerando uno dei suoi più prestigiosi intellettuali, il regime di Teheran infanga se stesso, ma al presidente Ahmadinejad questo non importa di certo.