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Sei giorni a New York (un anno fa).

Creato il 06 marzo 2015 da Martinaway @MartinawayTB

È passato un anno da quando ho sorvolato un oceano per la prima volta, un anno da quando per la prima volta lasciavo l’Europa, facevo più di tre ore di volo e timbravo il mio passaporto nuovo di zecca. Mi sembra ieri, eppure è trascorso un anno intero. L’atterraggio all’aeroporto JFK, un taxi giallo e la mia città del cuore che piano piano si avvicinava. Sarà che non ho ancora finito di raccontarvela, sarà che ho terminato di trascrivere e completare il mio diario solo a novembre, ma quel viaggio sembra essere ancora in corso, anche se sono a centinaia di chilometri di distanza.

Il mio diario di viaggio.

Il mio diario di viaggio.

New York mi ha fatta innamorare, anche se lo ero già prima di incontrarla. E mi ha fatto camminare, tanto. Pochi giorni e una città immensa da scoprire da cima a fondo, una Lonely Planet, una guida Michelin e un paio di libri da leggere e sfogliare dai quali prendere altre idee. Due aerei per raggiungerla e tante emozioni contrastanti: la paura di rimanere delusa per le aspettative troppo alte, l’eccitazione e l’incredulità che ti pervadono quando sei ad un passo dal realizzare un sogno.

Sei giorni a New York (un anno fa).

“Due aerei per raggiungerla…”

Il primo giorno. L’arrivo, una corsa in taxi verso l’albergo e una a piedi verso l’Empire State Building. La città dall’alto, con le sue mille luci accese e il vento freddo e pungente di inizio marzo. Il cervello che cerca di tradurre tutto da una lingua all’altra nel minor tempo possibile, gli occhi che non sanno più da che parte guardare. Times Square illuminata a giorno, i suoi negozi enormi, da Toys “R” US all’Hard Rock, passando per il Bubba Gump e l’M&M’s World.

Il primo giorno.

Il primo giorno.

Il secondo giorno. La Statua della Libertà, la vista che toglie il fiato di Manhattan da Ellis Island e il Museo dell’Immigrazione. Il ritorno a downtown, il primo hot dog newyorkese (che non dimenticherò) e Battery Park. Il Bowling Green, Wall Street, Trinity Church, il 9/11 Memorial e St. Paul’s Chapel. Poi una corsa verso il MoMA e due passi per Rockefeller Center, uno sguardo al New York Times Building, al Cake Boss Cafè (sì, quello di Buddy Valastro) e a Sardi’s.

Il secondo giorno.

Il secondo giorno.

Il terzo giorno. Due passi sul Ponte di Brooklyn, un caffè al volo vicino al City Hall Park, la New York esotica di Chinatown, con il tempio buddhista dove ho pescato un bigliettino della fortuna, e quella più europea di Little Italy, che ormai è solo un puntino sulla mappa. Una ciambella presa per caso e una pizza al volo in un locale dal gusto un po’ retro. Uno sguardo veloce a Nolita e la passeggiata verso Washington Square Park per rilassarsi un po’ sotto il sole di fine inverno, tra bolle di sapone e danze urbane. Il cubo di Astor Place, Grace Church e di nuovo in marcia verso Union Square, con il vicino Flatiron Building. Una corsa in metro fino al Guggenheim, una discesa a spirale e un viaggio nel futurismo.

Il terzo giorno.

Il terzo giorno.

Il quarto giorno. Una mattinata alla scoperta di Harlem, tra canti gospel e storia, un pranzo da re con i sapori degli Stati Uniti del sud e un pomeriggio a Central Park, tra animali, artisti e sculture. La Fifth Ave e FAO Schwarz per tornare bambini. A New York è semplicissimo.

Il quarto giorno.

Il quarto giorno.

Il quinto giorno. Il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, il Chrysler Building, Grand Central Terminal e la New York Public Library. Una visita a Macy’s, con la sua antica scala mobile, al Madison Square Garden, tempio dello sport, al maestoso ufficio postale newyorkese e al Century 21 per sbirciare tra gli scaffali e gli appendiabiti. Il Museo di Storia Naturale, che tanto mi ha affascinata, Tiffany, la Trump Tower e poi Broadway, battendo le mani al ritmo di Mamma Mia!, e concludendo la serata da Shake Shack per una cena al volo.

Il quinto giorno.

Il quinto giorno.

Il sesto giorno. La casa di Carrie Bradshaw di Sex and the City, il Chelsea Market e un pranzo indimenticabile, la High Line, la sua arte urbana e poi di nuovo verso uptown, per raggiungere il Metropolitan Museum. Il Rockefeller Center di giorno, la Cattedrale di San Patrizio e le valige da preparare.

Il sesto giorno.

Il sesto giorno.

Il settimo giorno. La libreria Complete Traveller (che purtroppo ha chiuso qualche mese fa), Bloomingdale’s e un cupcake da Magnolia Bakery.  Rimanere in tema di dolcezza con Dylan’s Candy Bar, Park Avenue e la corsa verso l’aeroporto, con la pioggia che cade e la malinconia che già avanza.

Il settimo giorno.

Il settimo giorno.

Sette giorni a Manhattan non sono tanti, ma sono abbastanza per scoprirla attraverso ciò che più la caratterizza. Vi consiglio di non farvi troppi scrupoli ad usare la metropolitana (è un’esperienza anche quella), di fermarvi a mangiare dove vi suggerisce l’istinto o, perché no, cogliere al volo l’indicazione di un ragazzo con un cartello a forma di freccia (e se vi porterà da Dunkin’ Donuts come è capitato a me, buon per voi). Armatevi di passaporto, di un visto, di un’assicurazione di viaggio (altamente consigliata) e tanta energia, perché ne avrete bisogno. Ma soprattutto non lasciate a casa la curiosità, New York va vissuta e scoperta, non solo ammirata. 

Ricordi di New York.

Ricordi di New York.



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