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Tutti stimano un grande chimico che parla di chimica o un grande storico che parla delle Guerre Persiane: il guaio è che il chimico e lo storico poi proseguono trinciando giudizi in politica o in economia. E fanno accapponare la pelle. Tanto che si arriva alla conclusione che uno che li conosca, difficilmente li stima, gli intellettuali, non appena escono dal campo di loro competenza. Ecco perché, quando da semplice lettore di giornali, mi accingo a leggere un "appello" firmato da intellettuali, lo faccio con un senso di letizia, come chi si siede comodo in poltrona aspettando che si alzi il sipario su una commedia divertente. Anche se qui si tratta normalmente di umorismo involontario. L'ultimo esempio è "L'appello a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle: Se non ora quando?", pubblicato in prima pagina da Repubblica(1). Il testo non smentisce le peggiori previsioni. Innanzi tutto gli intellettuali reputano che con la vittoria del M5S alle elezioni si può "cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa". Ora, a parte che il sistema politico in Italia, ed anche in Europa, per quanto sappiamo, è quello democratico, in che senso lo si vuole cambiare? E in secondo luogo come può Beppe Grillo obbligare il Parlamento di Lisbona o di Copenaghen ad obbedire alle sue ingiunzioni? Francamente, questo inizio ricorda la pretesa di Di Pietro, a suo tempo, di passare da Mani Pulite in Italia a Mani Pulite nel Mondo. Percorso che invece si è concluso a Montenero di Bisaccia. Tutto il programma è improntato ad un acrimonioso ed infantile giacobinismo che comincia chiedendo: "una legge anti-corruzione e anti-evasione che riformi in senso restrittivo, anche aumentando le pene, la disciplina delle prescrizioni, bloccandole ad esempio al rinvio a giudizio". In primo luogo questa gente non sa che una legge è efficace quando ne è certa e sollecita l'applicazione, non aumentando le pene. Il Medio Evo ci ha insegnato che nemmeno comminando la pena di morte ad ogni piè sospinto si ottiene un migliore ordine pubblico. Inoltre, prolungando all'infinito i tempi della prescrizione (invece di accelerare il corso della giustizia) si fa torto all'innocente tenuto sulla graticola per un tempo infinito. È evidente che chi scrive cose del genere si crede al riparo, nei secoli dei secoli, da un'accusa ingiusta. Con ciò dimostrando la propria pochezza e il proprio sostanziale padreternismo. In realtà bisogna accelerare i tempi della giustizia, non incoraggiarla a tormentare l'eventuale innocente per tutta la vita. Si pensi ad un'ingiusta accusa di pedofilia. A che servirebbe essere assolti dopo vent'anni? E visto che non hanno scrupoli garantisti, e nessun rispetto per i cittadini, perché i firmatari non chiedono che la carcerazione preventiva possa prolungarsi fino a dieci anni? In questo modo rischieremmo che qualche innocente marcisca in galera ma ben difficilmente un colpevole sarebbe liberato, con somma gioia di Saint-Just e di Vishinskij. I nostri intellettuali parlano poi di "nuovi reati come autoriciclaggio (che cos'è?), collusione mafiosa (come se non si punisse persino il fantomatico "concorso esterno"), e ripristino del falso in bilancio (dimenticano che esso è punito, secondo l'attuale legislazione, con una pena che va fino a sei anni); ineleggibilità per condannati fin dal primo grado, che colpisca corruttori e corrotti e vieti loro l’ingresso in politica", con buona pace dell'art.27 della Costituzione, che oseremmo definire civile, moderno, democratico ed occidentale, secondo il quale "l'imputato non e' considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Altro punto del programma: "una confisca dei beni di provenienza non chiara". Cioè, nel dubbio lo Stato confisca ogni bene al cittadino. E dire che a questo non era arrivato neanche Seiano. "diritti civili non negoziati con la Chiesa". Evidentemente i nostri pensosi firmatari non si sono accorti che i politici non tengono tanto conto della Chiesa quanto degli elettori credenti. O è che non bisognerebbe tenere conto proprio di loro ed imporgli la legislazione che piace ai nostri sei emuli di Dracone? "riconsiderazione radicale dei costi e benefici delle opere pubbliche più contestate come la Tav". E come riconsiderarli, se l'opera è inserita in un trattato internazionale? O la parola d'onore dell'Italia dovrebbe valere quanto quella dei firmatari? "reddito di cittadinanza". Con gli attuali disoccupati ufficiali, circa trentasei miliardi. Con quelli che si licenzierebbero pur di ricevere il sussidio (mille euro, secondo Grillo), almeno il doppio. Dove reperire questi fondi, con una colletta presso tutti gli intellettuali di sinistra? "Non per ultimo: un bilancio europeo per la crescita e per gli investimenti su territorio, energia, ricerca, gestito da un governo europeo sotto il controllo del Parlamento europeo". Ed ecco che Roma dà ordini all'intera Europa. Che gioia. Non avveniva più dai tempi dell'Impero Romano. Ma il nocciolo del programma politico vola più alto di così, dal punto di vista intellettuale, e si riassume in queste parole: "Noi odiamo Berlusconi". Ecco alcune frasi. "Nella giunta (!) parlamentare si può fin da subito dar seguito alla richiesta di ineleggibilità di Berlusconi, firmata da ormai 150.000 persone". Ché se poi fossero state 300.000, si sarebbe potuto dar seguito alla richiesta di decapitazione. "Ci aiuterete a liberarci ora, subito, dell’era Berlusconi: un imprenditore che secondo la legge non avrebbe nemmeno dovuto metter piedi in Parlamento e tanto meno a Palazzo Chigi". Di grazia, quale legge? Infine il pistolotto finale: "Vale per voi, per noi tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è alzata e ha cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: «Se non ora, quando?»" È proprio vero che quando la storia si ripete lo fa in forma di farsa: quella domanda è di un tale Vladimir Ilich Ulianov, meglio noto come Lenin. Gianni Pardo, [email protected] http://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane
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