Magazine Cultura

Sei ossessioni

Creato il 18 febbraio 2012 da Mcnab75

Sei ossessioni

Una promessa è una promessa.
Settimana scorsa ho letto con interesse questo post dell’amico Germano, giurando di replicare a mia volta. Essendo un articolo perfetto per le classifiche del sabato, ecco che vi propongo la mia versione del “six obsessions”.
Di cosa si tratta? Di sei temi ricorrenti – ossessioni – che ricorrono nei miei racconti e romanzi.
Alcune di queste tematiche sono evidenti, altre meno.
Scrivo da parecchio tempo. Mi faccio leggere da molto meno (5/6 anni). Continuo a non avere alcun interesse per la pubblicazione canonica. L’editoria mi suscita un fascino pari a zero. Eppure continuo a scrivere. Chi vuole può scaricare i miei racconti senza spendere un euro. Non ho studiato i manuali. Se ho imparato qualcosa l’ho fatto leggendo una media di un libro a settimana, più o meno dal 1987 a oggi.
Questo è ciò che è nato da una passione quantomeno ambigua. La scrittura non è “bella” ma è una continua sfida a sé stessi e al pubblico, pronto a notare più i difetti che i pregi. Non c’è commiserazione in tutto ciò, solo una fredda disamina di cosa significa scrivere più o meno professionalmente.

1. Il single

Sei ossessioni

La solitudine mi ha perseguitato per tutta la vita, dappertutto. Nei bar, in macchina, per la strada, nei negozi, dappertutto. Non c'è scampo: sono nato per essere solo. (Travis Bickle)

Buona parte dei miei protagonisti sono uomini di 30-50 anni, single. Non nerd orrendi che il genere femminile non prende nemmeno in considerazione, bensì divorziati, separati o semplicemente persone disilluse dalla vita.
Non misogini – non sempre almeno – quanto piuttosto uomini innamorati della solitudine, per indole o per colpa del loro vissuto.
C’è un’impronta personale in tutto ciò? Può darsi, ma non è preponderante quanto pensate. O forse – preferisco vendervela così – alcuni dei miei personaggi rappresentano la parte veramente cinica di me, che nel mondo reale fatica a uscire per quanto mi piacerebbe che lo facesse.

2. Il militare

Sei ossessioni

Dottore: Sei commozioni cerebrali negli ultimi tre anni, due dischi schiacciati, due fratture temporali, una applicazione di pneumotorace, perforazioni dello stomaco, una decina di ricoveri con le più strane malattie tropicali, un assortimento di fratture degli arti, discrasia, dissenteria, dispepsia, disuria, disoressia. Shannon: C'è altro con la D che non ho ancora avuto? Dottore: Sì, decesso. (I Mastini della Guerra)

Altro elemento ricorrente, anche se moooolto meno rispetto al passato, è l’esperto di armi. Che sia un militare, un mercenario, un ex poliziotto o via discorrendo, ci sono pochi racconti in cui una figura di questo genere è del tutto assente.
Innanzitutto mi fa comodo avere qualcuno che sa maneggiare le armi, visto che la mia impronta narrativa porta più o meno verso atmosfere e situazioni piuttosto movimentate.
Credo poi che entri in gioco il mio vecchio retaggio da giocoruolista, in cui la componente “muscolare” di un gruppo era immancabile e necessaria.
Quelli che non sopporto sono i soldati tutti d’un pezzo, senza difetti e pronti a morire con la bandiera in mano e cantando l’inno. Colpa del cinismo latente citato nel punto 1.

3. L’elemento fantastico

Sei ossessioni

Alla luce del giorno tutto acquista una sua apparente normalità. Da questa parte c'è la realtà, con il lavoro e la spesa e la famiglia e le rate del mutuo. Dall'altra le cose che restano, e forse è meglio che restino, misteriose. (Tullio Avoledo)

La realtà mi annoia. Me ne faccio ampie overdosi ogni giorno e la ritengo più che sopravvalutata.
Inoltre, come sapete, vivo con la convinzione che la realtà nasconda cose che per abitudine, per paura o per ignoranza abbiamo disimparato a vedere.
La mia scrittura abbonda di elementi fantastici, che siano orrorifici, soprannaturali, ucronici, fiabeschi o fantascientifici. Ovviamente c’è chi mi accusa di parlare di cose “non verosimili”, senza capire che è proprio il mio obiettivo ultimo: reinterpretare il reale e fornire opzioni. O, più semplicemente, far sognare.

4. L’elemento storico

Sei ossessioni

La storia non deve essere presentata come un'accumulazione di risultati conseguiti o come una mera esposizione di avvenimenti, ma come una poderosa realtà in azione. (John Dewey)

In un modo o nell’altro il mio amore per la storia traspare in quasi tutto ciò che scrivo.
Non a caso due dei generi che considero di riferimento sono quello ucronico e il fantapolitico. Mi piace anche pescare quegli eventi storici e quelle situazioni geopolitiche che in pochi calcolano. Perché il mondo è grande, curioso, affascinante, crudele ma anche magnifico, ed è un peccato non guardarlo nel suo insieme.
Se a volte tutto ciò scade nell’infodump… beh, come dicono i grandi scrittori: ‘sti cazzi.

5. Il turpiloquio

Sei ossessioni

Non butterei tutta la responsabilità sui giovani perché il turpiloquio non è più appannaggio dei giovani. Però è vero: la parolaccia è brutta da sentire ma se diventa un intercalare comune si depotenzia. E quando poi vogliamo usare una parolaccia vera, che facciamo? È una zona di eversione del linguaggio che dovrebbe continuare a esistere — mentre i giovanilismi sono come i brufoli, poi passano: la lingua è in movimento, è un organismo vivo che si evolve. (Silvia Ballestra)

Non è un fattore imprescindibile delle mie storie, né si trasforma in un linguaggio pulp, eppure spesso e volentieri il turpiloquio c’è. Perché è un fattore che spezza la tensione, ed è l’unico elemento dissacrante che sono in grado di utilizzare, odiando cordialmente quelle ibridazioni tra commedia e horror (o commedia e fantascienza).
In quest’ottica le parolacce tornano utili e mi suonano più spontanee che non un umorismo forzato e da galantuomini inglesi, che mi sembra poco adatto alla mia scrittura, senz’altro più di pancia che non estetica.
Il punto è riuscire a bilanciare tutto senza strafare.

6. Lo scenario

Sei ossessioni

Vorrei che il mondo si ricordasse di me come quel ragazzo a cui piaceva molto giocare e condividere la sua conoscenza e i suoi passatempi con gli altri (Gary Gygax)

Non sarò mai di quelli che “meglio non spiegare nulla, lasciamo proprio tutto alla fantasia del lettore”.
L’ho sempre trovata una facile scappatoia per non impegnarsi più di tanto nella realizzazione di uno scenario ampio, intrigante e suggestivo.
Anche qui entra in gioco il mio passato da master nei giochi di ruolo. Purtroppo la mia voglia di costruire il contesto, senza limitarmi a suggerirlo, scade (volutamente) nel temibilissimo infodump. A certi lettori fa schifo a prescindere, perché “lo dicono i manuali”. Altri, i meno ottusi, sanno valutare di volta in volta.
Ecco, questi sono i lettori a cui faccio riferimento. Gli altri si possono attaccare.


Filed under: riflessioni, scrittura, Senza categoria

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :