Di STEFANO DELLA TOMMASINA
Caffè a Ventimiglia
“The sea, the snotgreen sea, the scrotumtightening sea.”
(Joyce, Ulysses)
Il mare oggi è un immenso stomaco.
Le scaglie d’orizzonte ruminano gambi
relegando al gelo la digestione della stiva.
Si respira sudore freddo, sale sulle nuche
rattrappite, aliti d’argilla. Un sonno
rotto dai singulti. Un salmodiare di scirocco.
Quante volte il cucchiaino trasparente
gira, rigira la breve pausa dal dolore,
centilitri indigenti di caffè industriale.
“Credo sia inevitabile” pensavi
ad alta voce “orinare intendo, e defecare
con pudore tra gli scogli, “. Io guardavo
il mare verde, gli dei sopra l’argento,
Ulisse l’Africano e le sirene, la sirenetta
in continente delle fiabe , i profetini aguzzi
di una gelida pietà cattolica.
*
Little boy
(hiroshima mon amour)
Sesso davanti al bar del Paradiso
la stele implode nella bellezza
di un frappè con panna
gli astanti incrociano le dita
sanno che non è giornata,
fama desolata ai fianchi
delle particelle, piaghe da antico
testamento. Mon Amour, my little boy
(o, malamente, pargoletto mio)
mi guardi da un futuro spoglio, devitalizzato.
Evapori sulla moria dei pescatori
come un lenzuolo sollevato sulla pelle
sul dorso spigoloso delle sogliole, del piombo.
*
Cristino
…drying combinations touched by the sun’s last ray
(T. S. Eliot)
suicida/perché non aveva più patria
(G. Ungaretti)
Spaesavo su cortili di cemento impoverito
coltivazioni in calce unite dai filari dove
indugiano trapezi, combinazioni.
Un vetro aperto allo scivolamento,
una vocale lunga, il dosso di un lenzuolo:
l’argine finiva tra le fiaccole,
l’umido faceva delle nubi umane
cappe di una confraternita.
Ronzii di mosche, coleotteri, asfalto ritoccato
dalla testa alla mandibola, corona verticale
di un cristino scuro, nudo. Senza appello.
*
Rose River
Crolla la borsa in Cina senza posa
(River Moon Rose En Vie Le).
Un antieroe dell’Ellade
si da alla macchia
stacca la spina all’Eurocosa.
Nel mediterraneo nuotano
le membra di una vecchia
madre. La lupa riconosce
i colli di una generazione
senza se ma, brancola su una profana
geologia che sbianca mezzobusti,
ceneri. Nel continente i crauti
fanno cattivo il tempo. Chi non ha tema
fissa l’orologio sulle tredici.
Finge sia una bussola. Va avanti.
*
A Song for Europe
Europa di binari, di metallo
erba canina sui ciglioni
barbe di giorni arroventate
alla canicola di fine estate.
Esodo, lo stuolo ovunque, dietro
gli hangar, sotto gli elicotteri:
neppure la malinconia del vento,
e dei bambini sottobraccio
il pane sulla tavola, le briciole,
il tedio della guerra, tiepida guerra
dei murati fuori dal confine,
terra sconsacrata dentro le cartine.
*
Parigi brucia
Parigi brucia
dallo Stade al Bataclan
formiche portano sul dorso
le rovine, sollevano la mappa
del terrore. I lampeggianti,
i nervi di un’allegoria comune:
autunno aurore assenza di calore.
Un elmo e un uomo di potere
sembrano casualità, accidenti.
La mano non si stacca dalla borsa
lo schermo grande come Allah
contiene lo stupore
Parigi brucia con gli dei:
fuori dal Colosseo dal Partenone
e dalle Torri Occidentali si bivacca.