buon successo di visite e di interesse, a giudicare dai commenti.
In particolare uno di questi commenti ha virato il tema sul rapporto a 3, e non più a 2 soggetti.
Il terzo, incomodo, è il "genitore".
Riprendo il discorso sulla Comunicazione dei tecnici, e prendo spunto da un interessante commento che Max Calavaro ha lasciato QUI.
Nella sua analisi Max sottolinea che
"comunicazione e motivazione sono alcuni dei punti spesso tralasciati dai "tecnici" (allenatori e dirigenti)".lamentando poi che
"Le famiglie dei giovani ragazzi, non appena si avvicinano a questo sport, hanno un canale di comunicazione diretto; ma quando i ragazzi crescono i rapporti cambiano... la COMUNICAZIONE tra genitori e società si interrompono, a loro avviso il dialogo deve avvenire esclusivamente tra "tecnici" e "atleti"... e i genitori? Niente, loro sono relegati al solo ruolo di autisti... accompagnatori sempre e dovunque"Dico la mia: di sicuro più una società è solida e seria, di livello, più richiederà un impegno massimale, caratterizzato anche da una attività comunicativa simile a quella della scuola, dove il 75-80% del rapporto vede due principali attori, lo studente e l'insegnante.
Come la scuola anche una attività sportiva seria non prescinde da una comunicazione tra genitore e tecnico, che necessariamente si divide in due aree:
- una che vede nell'atleta un tramite, un portatore di informazioni.
- una che prevede il contatto diretto tra genitore e tecnico.
Spesso da questo approccio traspare una mentalità tramandata nel tempo e quindi appresa per sentito dire, secondo cui "l'atleta migliore è quello orfano". Ma, come giustamente osserva Max, il genitore non può limitarsi a pagare, non interferire e guidare in silenzio.
E' un argomento interessante, credo, e vi invito ad inviarmi il vostro pensiero, pubblicandolo qui tra i commenti, oppure inviandomi una mail a