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Seiji - Riku no uo (セイジ -陸の魚- , Fish on land). Regia: Iseya Yusuke. Soggetto: dal romanzo di Tsujiuchi Tomoki; Sceneggiatura: Kameishi Takamasa, Ishida Motoki, Iseya Yusuke. Fotografia: Itakura Yoko. Musiche: Shibuya Keiichiro. Cast: Nishijima Hidetoshi (Seiji), Moriyama Mirai (“Traveler”), Yuki Nae (Shoko), Arai Hirofumi (Kazuo), Shibukawa Kiyohiko (Tatsuya), Takito Kenichi (Makoto), Nikaido Satoshi (“Traveler”, 20 anni dopo), Tsugawa Masahiko (il nonno), Ihara Ryoka (Ritsuko), Bando Haru (Ritsuko, 20 anni dopo). Produttori: Takebe Yumiko, Kinoshita Naoya, Ishida Motoki. Durata: 108'. Uscita nelle sale giapponesi: 18 febbraio 2012.Link: Sito ufficiale Punteggio ★★★1/2
Iseya Yusuke esordisce come attore nel 1998 in After Life di Koreeda Hirokazu, diventa negli anni uno degli attori più popolari in Giappone (Distance, sempre di Koreeda, nel 2001, più di recente 13 Assassini di Miike Takashi nel 2010, Tomorrow’s Joe di Sori Fumihiko nel 2011, solo per fare alcuni esempi), ma con uno sguardo anche alla regia: il suo esordio dietro alla macchina da presa è Kakuto, nel 2003, prodotto da Koreeda. Torna in veste di regista dopo nove anni con Fish on Land, storia di un uomo che ricorda gli avvenimenti di un’estate, vent’anni prima. Siamo negli anni Novanta: a quell’epoca il protagonista è un giovane che, appena terminati gli studi, all’inizio dell’estate appunto, salta sulla sua bicicletta e se ne va in giro senza meta. A causa di un incidente, verrà accompagnato, dallo stesso bizzarro individuo contro il cui automezzo ha avuto lo scontro, ad un ristorante, House 475. Il locale è di proprietà di una donna, Shoko, ma gestito da Seiji, un tipo di poche parole, ed è il ritrovo di un gruppo di personaggi con cui “Traveler” (il soprannome che verrà affibbiato al giovane) diventa amico. Il ragazzo inizia a lavorare lì come cameriere. Fanno parte della piccola comunità anche un nonno e la giovanissima nipote e proprio loro saranno travolti, ad un certo punto, da uno scoppio di violenza feroce e irragionevole: un serial killer irrompe nella loro abitazione ferendo irreparabilmente la bambina. E da quel momento si incrineranno anche gli equilibri del gruppo, e soprattutto quelli del misterioso Seiji, molto legato alla piccola Ritsuko. Il film è tutto incentrato sul meccanismo della memoria: i ricordi che si ripropongono alla mente dell’uomo dopo vent’anni dagli accadimenti - e quindi anche allo spettatore - sono a volte confusi, a volte si ripetono – così come certe sequenze del film - se si tratta di momenti particolarmente intensi, in certi casi si fondono addirittura con i sogni. E non sono soltanto ricordi piacevoli.Fish on Land inizia infatti con un cadavere: quello di un cinghiale che Traveler trova sulla strada, di notte. Il regista ripropone la sequenza, cambiando il punto di vista (prima quello di Traveler, poi dello stesso Seiji) e ribadisce il concetto: il senso di morte ha contaminato l’atmosfera, è un dolore antico che ha messo radici negli animi, nessuno dei personaggi riesce a sottrarsi all’influsso. Seiji, con i suoi atteggiamenti inspiegabilmente scontrosi, è “marchiato” dall’assassinio dei genitori (lo si scopre verso la fine del film), i ragazzi poi commentano le notizie sul serial killer che ha ucciso poco distante da loro e che, verso la fine del film, irromperà anche nella vita di Ritsuko, seminando morte e coinvolgendo tutte le persone che le vogliono bene. Il regista a mio parere riesce a far percepire la malcelata inquietudine del “pesce fuor d’acqua” che è Seiji, dell’uomo che malamente riesce a rapportarsi con la realtà che gli sta d’attorno, per un senso di inadeguatezza si direbbe, legato alla zavorra del suo doloroso passato, che gli impedisce di far nascere e sviluppare relazioni “sane” con le persone che lo circondano. Ne è esempio il suo rapporto, sterile parrebbe e atrofizzato, con la proprietaria del locale, che pure dimostra interesse nei suoi confronti (ma anche lei “segnata” dalla separazione da un figlio che non vive con lei e che riesce a sentire solo telefonicamente): in una scena di intimità tra i due, l’uomo è fastidiosamente distante e provoca nella donna un evidente sentimento di frustrazione. In un film per certi aspetti caldo e avvolgente (le serate nel locale, ad esempio, un luogo dall’atmosfera accogliente, o le gag che coinvolgono il gruppo di amici), lo scoppio della violenza, se pur preannunciata e della quale il regista ci mostra soprattutto gli effetti (l’assassinio della nonna, il braccio amputato della piccola Ritsuko), coglie quasi impreparati. Una delle sequenze più drammatiche, con un montaggio alternato tra il nonno, non vedente, che sta ascoltando in cuffia la bambina che descrive un proprio disegno e sorride beato, e l’intruso entrato in casa che nella stanza di fianco aggredisce la nonna e Ritsuko, è notevole.Ho trovato poi particolarmente interessante che molte inquadrature fossero “costruite” come “contenitori” di oggetti, piene di cose, soprammobili, libri, cianfrusaglie e che in tale disordine i corpi umani fossero spesso laterali, quasi “in difficoltà” nel trovare una propria collocazione, o, ancora, frammentati, per mancanza di spazio. Se ne avverte quasi il senso di soffocamento, in certi passaggi, mentre fuori dall’”antro umano” il paesaggio naturale è di contrasto, con alberi che incombono altissimi e una foresta dall’aspetto puro e maestoso.Certo, forse c’è un po’ troppo in Fish on Land: il rapporto dell’uomo con una natura potente (un rimando a Koreeda, sembrerebbe), un accenno a quello con la divinità (il nonno dopo la violenza abbatte a sprangate il piccolo tempietto davanti al quale si recava a pregare con la nipote e lei stessa, vent’anni dopo, nel momento dell’incontro con Traveler, si sofferma a considerazioni sul suo rapporto con Dio), il senso di perdita, il rapporto con il passato (di Seiji, di Traveler) oltre, come detto, la morte, la memoria (ancora Koreeda). E passando da un racconto con connotazioni intimiste ad un thriller story con un – quasi divertente – accenno horror nel momento in cui Seiji si autoamputa il braccio di fronte a Ritsuko e il moncherino sanguinante finisce in terra, raccolto con difficoltà dagli amici che soccorrono l’uomo.In conclusione, mi è sembrato comunque un film interessante. Magari ipertrofico e denso di rimandi, ma in fondo efficace nel trasmettere un certo fascino dell’inquietudine e dell’inadeguatezza umana.[Claudia Bertolè]
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