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La Federal Reserve lo aveva sottolineato mercoledì motivando la decisione di continuare a tagliare gli acquisti di Treasury (scesi da inizio anno da 80 a 45 miliardi di dollari al mese) con una ripresa economica in costante miglioramento. Conferme erano pervenute dalla pubblicazione degli indici relativi allo stato di salute dell’industria manifatturiera, dalla fiducia di imprese e consumatori e dalla rinnovata propensione delle Corporate statunitensi ad avviare una nuova stagione di M&A con acquisizioni volte a rinsaldare il ruolo di leader a livello mondiale in diversi settori di interesse (ad esempio Pfizer nel pharma e GE nell’energy). L’unica sorpresa negativa era giunta dal Pil trimestrale (+0.1%) con un dato, comunque ancora preliminare, molto distante dalle stime degli analisti superiori al punto percentuale, ma il mercato ha interpretato ciò come naturale conseguenza della cosiddetta “frozenomics” e cioè dei rigidi fenomeni metereologici che hanno condizionato negativamente la crescita nella prima parte dell’anno. Oggi, il forte dato sulla disoccupazione (288.000 posti di lavoro creati in un mese e tasso di disoccupazione al 6.3%) rappresenta il giudizio finale: l'ennesimo banco di prova superato dall'economia a stelle e strisce che apre le porte a qualche interpretazione.
Dopo questa lunga sfilza di dati, mediamente più che incoraggianti in America come anche in Europa, l’asticella sembra essere sempre più alta e da qui in avanti sarà più facile rischiare di disattendere le attese dei mercati e un po’ più difficile proseguire il trend positivo in atto senza il sostegno costante delle Autorità monetarie, anche se sempre riattivabile nel lungo periodo, ma forse meno efficace e forse improduttivo nelle fasi più intense della crescita. Inoltre, si avvicinano quei mesi caratterizzati da alta volatilità, in cui le prese di beneficio e le rotazioni settoriali a volte colgono di sorpresa anche i più navigati investitori e in cui gli elementi esogeni assumono stranamente un contorno più preoccupante e ingigantire le conseguenze diviene una sorta di normale consuetudine. Dalla Russia agli Emergenti passando attraverso l’esito incerto - probabilmente con una più che discreta affermazione dei partiti euroscettici su quelli tradizionali - delle elezioni nel Vecchio Continente potrebbero giungere i rischi più rilevanti, quelli che le Banche Centrali non riescono a prevenire o smorzare all’improvviso, il cui corso è spesso salutare, purché limitato nel tempo. D’altronde, le statistiche ci insegnano che non è impossibile immaginare il comportamento dei mercati nel mese di maggio.