- Zoe e il passerotto.
Nessuno ha mai fatto tanto bene i suoi calcoli per la vita, senza che non gli capiti sempre qualcosa di nuovo. Gli avvenimenti, l’età, l’esperienza: c’è sempre qualcosa da imparare. Capisci di non sapere quel che credevi di sapere; e quando le hai messe alla prova, rifiuti le tue convinzioni più importanti. E’ proprio quel che capita a me. Quella vita di fatica che ho trascorso finora, adesso che sono vicino alla fine non la tollero più. E per quale ragione? Ho appreso dalla realtà che per l’uomo non c’è nulla di meglio della tolleranza e della dolcezza. Ognuno può vederlo, prendendo esempio da me e da mio fratello. Lui ha sempre trascorso la vita senza fare nulla, tra le feste, mite e sereno; non ha mai offeso nessuno, ha sempre un sorriso per tutti. Ha vissuto per se stesso, e per se stesso ha speso i suoi soldi. Tutti parlano bene di lui, tutti gli vogliono bene. E io? Selvatico, duro, severo, avaro, scorbutico, ostinato: e ho preso moglie. Quante miserie da allora! Sono nati i figli: un altro pensiero. Eccomi adesso! Nello sforzo di mettere insieme per loro quanto più era possibile, ho sprecato la mia vita e i miei begli anni a fare denaro. Ora, alla fine della vita, ecco il frutto che ricevo per tutto il mio lavoro: solo odio! Quell’altro, senza nessuna fatica, si ottiene tutti i vantaggi di un padre: lui, lo amano; e quanto a me, fanno di tutto per evitarmi. A lui confidano tutti i loro pensieri, gli vogliono bene, Stanno tutti e due con lui; e io sono abbandonato. A lui augurano lunga vita, ma aspettano la mia morte, com’è naturale. Io li ho tirati grandi con la mia fatica, e lui se li è conquistati con una manciata di spiccioli. Io raccolgo ogni dolore, lui si prende tutte le gioie. Ma forza, adesso vediamo un po’ come posso reagire: una parola gentile, un atto generoso, dal momento che questa è la sua sfida! Anch’io pretendo che i miei mi vogliano bene e mi tengano da conto. Se per questo bisogna far doni e approvare ogni cosa, non mi lascerò certo vincere. Resterò senza denaro? Poco importa alla mia età. (Meditazione su Demea nell’atto quinto, scena quarta nei ”I fratelli” di Terenzio).
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C A R O P I C C O L O I N S E T T O
Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel liccichìo
riconoscere te nella foschia.
-Eugenio Montale-