Magazine Cultura

Seminario sui luoghi comunidi Francesco Pacifico

Creato il 20 novembre 2013 da Tiziana Zita @Cletterarie

M.Monroe leggeSono almeno dieci anni che ricopio pagine di romanzi che amo. Riscrivendole, mi passano per un attimo nelle punte delle dita e finiscono su un file del computer come fossero cose mie. Per certi versi, è la stessa sensazione che si prova suonando il riff di “Johnny B. Goode” o “Day Tripper”. La differenza è che per copiare un riff devi saper suonare la chitarra, magari anche bene, quindi un po’ la sensazione di onnipotenza te la sei guadagnata. Ricopiare un paragrafo di Flaubert invece è un puro autoregalo e ti dà la sensazione di essere diventato di colpo un vero scrittore.
La cosa non ti trasforma in Flaubert, ma lascia qualcosa. Le dita possono incominciare a indispettirsi se ritorni alle tue frasi abborracciate. Qualcosa viene trattenuto, e continuando a rubare dai classici ricopiando belle pagine, magari la tua scrittura migliora. 

Questo è l’inizio del Seminario sui luoghi comuni di Francesco Pacifico, sottotitolo “Imparare a scrivere (e a leggere) con i classici”. Si tratta di un delizioso (almeno per me che sono appassionata del genere) libricino di Minimum Fax che agli scrittori che raccontano la propria scrittura dedica un’apposita e bellissima collana. Il libro, avverte Pacifico all’inizio, è una raccolta di pezzi rubati ad alcuni grandi scrittori, non necessariamente a tutti i suoi preferiti: non ancora almeno.
Il vantaggio di questo libretto è che alla fine funziona come un’antologia di pezzi amati e caldeggiati dal “copista” Pacifico il quale riesce anche a farci venir voglia di leggerli. Sì perché è indubbio che:

Teniamo così in conto la letteratura da finire a volte col temerla: non ci sentiamo all’altezza di certi libri, certi titoli ci fanno sentire così in colpa che non li leggeremo mai.

IMG_3453
Ma quanto sono d’accordo!
Certi testi sacri sembrano cattedrali severe in cui abbiamo paura di entrare. E invece, dice Pacifico, i grandi scrittori hanno molti consigli da darci: “Hanno passato mattine e pomeriggi ingrati a limare pagine incredibili di cui non si parla mai”. Perciò ci incoraggia: mettete via i pregiudizi sulla Recherche proustiana e leggete la seconda metà di Dalla parte di Swann, una delle novelle più belle che siano mai state scritte.

Così attraversiamo “l’insalata di mutandine” di Gadda, i balli di Coetzee, i personaggi affascinanti di Capote che mentono per rendersi più interessanti anche se lo sono già, (come Holly, in Colazione da Tiffany, che racconta a un’amica di essere lesbica) lo scrivano di Melville, le vampate di Philp Roth, l’amore cortese nella versione più paranoica e astratta di Flaubert (in Frédéric naturalmente…).

Perché il seminario è sui luoghi comuni?
Come per un eccitante strabismo, scrive Pacifico, le cose migliori non sono quelle forzatamente originali, che sono luoghi comuni rovesciati, ma sono quelle cose che stanno a un passo dai luoghi comuni e ne sfruttano l’aura senza farsi sopraffare.
La passione da copista non è un’esclusiva di Pacifico, si pensi al famoso racconto di Borges: Pierre Menard, autore del Chisciotte in Finzioni. Anche se l’intento di Pierre Menard (e di Borges) non è quello di riprodurre una copia bensì reinventare l’originale.

Non volle comporre un altro Chisciotte – ciò che è facile – ma il Chisciotte. Inutile specificare che non pensò mai a una trascrizione meccanica dell’originale; il suo proposito non era di copiarlo. La sua ambizione mirabile era di produrre alcune pagine che coincidessero – parola per parola e riga per riga – con quelle di Miguel de Cervantes”. Perciò alla fine “il testo di Cervantes e quello di Menard sono identici, ma il secondo è quasi infinitamente più ricco.

Pierre-Menard - Versione 2
Lasciando da parte Borges perché con lui le cose si complicano (meravigliosamente…), un altro che ha questa consuetudine è Alessandro Piperno: “Copiare Flaubert significa farsi carico di tutti i problemi che lui ha dovuto affrontare. Ma significa anche godersi soluzioni di stupefacente eleganza”. E mentre se ne sta tutto il pomeriggio a copiare  Anna Karenina, sostenendo che è un esercizio di modestia e autoironia, Piperno rivendica il diritto di copiare anche in senso meno letterale: “Il diritto d’autore, l’obbligo della citazione virgolettata, il crimine di plagio sono figli della temperie individualista dei nostri tempi vetero-romantici”, mentre prima non si facevano scrupoli a saccheggiare a destra e a manca. Conformemente, una delle prime cose che ti insegnano nei corsi di sceneggiatura è copiare la trama (o la struttura) di film e romanzi famosi.
Ma torniamo a Pacifico che condivide con amici e scrittori la sua passione. Uno di loro porta agli estremi l’arte di ricopiare i classici e sostituisce i nomi dei personaggi con quello dei suoi amici, per meglio entrare nei romanzi (se non fossero scrittori si potrebbe pensare che mancano di qualche rotella…).

I-Must-Not-Copy-What-I-See-on-Simpsons-by-Banksy
Vorrei chiudere con un pezzo che non solo condivido, ma ho da poco usato un paragone analogo (cliccare per credere):

La scrittura è come uno strumento musicale di legno. Serve un buon legno per avere un bel suono. Hai delle melodie in testa, che sono le storie della tua vita, ma le devi suonare con uno strumento: la tua lingua, la sintassi, un lessico. Serve un legno che sia buono e che sia quello adatto alla tua melodia. Devi fabbricarti lo strumento da solo, con il legno giusto, andandotelo a cercare nei boschi della grande letteratura, trovando gli alberi giusti, i classici giusti. Non possiamo permetterci di usare uno strumento industriale per suonare la melodia degli affari nostri.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :