Semiotica, pub e altri piaceri da leggere

Creato il 05 marzo 2011 da Alesan
Ho appena terminato Semiotica, pub e altri piaceri di Alexander McCall Smith (Guanda, 2010), libro per il quale vale la pena spendere due parole che però prenderò in prestito, senza aggiungere molto, alla mia "recensione" su aNobii. Recensione è un termione che mi fa spesso rabbrividire, penso che dovrei ocminciare ad usare di più il termine "commento" o "giudizio", in quanto espressioni sempre soggettive del mio pensare un film, un libro, un album musicale o una persona... Giudicare...
"E cosa c'è di male nel giudicare le persone?" chiese Domenica, indignata. "Mi fa impazzire quando sento qualcuno che dice: 'Non giudicare'. Filosofia morale da soap opera australiana. Se le persone non giudicassero gli altri, come faremmo ad avere un punto di vista etico sulla società? Non avremmo nemmeno idea di dove ci troviamo. Ogni discussione razionale su cosa si deve o non si deve fare si impantanerebbe. No, fa' pure quello che vuoi, ma non farti imbrogliare dalle sciocchezze di certe menti deboli che dicono che non bisogna giudicare. Non bisogna giudicare troppo, forse, ma essere sempre - sì, sempre - pronti a formulare un giudizio. Altrimenti si attraversa la vita senza sapere cosa si vuole".
Da aNobii, quindi...


Si rimane nel mezzo...
Non vorrei forzare troppo con dei paradossi, ma finito il libro sembra di essere rimasti vittime di un coito interrotto e si sente un certo non so che di realtà incompiuta, una storia, anzi, tante storie che sembrano dover esplodere da un momento all'altro ed invece rimangono ferme immobili. Lettura piacevole, scrittura buona e punte d'ironia davvero valide, McCall Smith è una piacevole scoperta nel mare di tanta, tantissima letteratura britannica che ormai riempie gli scaffali delle librerie, eppure sembra non volere andare in fondo ad una serie di storie che lasciano alla fine troppe porte aperte.
Può essere che la mancanza del "primo episodio" della serie di 44, Scotland Street tolga qualcosa? Non credo. Credo che manchi semplicemente un affondo concreto nell'insieme di queste storie attuali, vere, genuine, che lasciano troppo a margine alcuni personaggi i quali, involontariamente, non giungono ad arricchire o a dare senso compiuto di sé e della propria storia.
Alcuni personaggi sono ottimi, la rappresentazione della famiglia del piccolo Bertie è deliziosa, realistica, appassionante, il miglior passaggio del libro e alla fine si fa il tifo per il piccolo bambino incatenato dai voleri della madre. E' una lettura che si può fare, soprattutto per rendere omaggio ad una filosofia spicciola ma intelligente, ad una ironia sottile e accattivante, senza però aspettarsi di chiudere il romanzo e di sentirsi protagonisti della lettura di un capolavoro moderno. Ci siamo lontani, anche se alcune citazioni meritano di rimanere nella mente del lettore, così come l'idea di queste vite narrate che vivono l'una accanto all'altra ma sembrano non toccarsi mai.
Voto: 3/5 


"Perciò vuoi dire che non ci sono certezze?"
"Proprio così" rispose Big Lou.
"A parte la morte e le tasse" intervenne Matthew. "Non dice così il proverbio?
"In Italia molti non pagano le tasse" osservò Angus.
"Conoscevo un pittore di Napoli che non le aveva mai pagate... mai. Un ottimo pittore, tra l'altro."
"E com'è andata a finire"" chiese Matthew.
"E' morto."

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