Scusate se sono stata assente; ero via. Sono andata e tornata con i mezzi pubblici, anche se ci ho messo il doppio del tempo. Che soddisfazione però, non violare i luoghi del mio passaggio con un parcheggio! Ormai sono sei mesi che non uso l’automobile ed è così bello e liberatorio che sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di non salirci mai più. A meno che non si tratti di questioni di vita o di morte, ma la morte per ora la porta l’automobile. Da quando sono partita mi sembra che non sia passato giorno senza notizie di incidenti. Moto travolte, automobili ribaltate, investiti di vario tipo… Tutto questo solo in Friuli Venezia Giulia. È uno stillicidio quotidiano. Anche oggi accendo il computer e leggo, tra le prime notizie: urta un ciclista e scappa, travolto da un’auto bambino grave. Avrei potuto essere io al posto del ciclista o del bambino investito. L’automobile è come un’arma, ma la società non la tratta così. La tratta come un diritto inalienabile e un obbligo economico e sociale.
Un’altra notizia recente è che gli incidenti a Spilimbergo sono diminuiti da quando i carabinieri hanno iniziato a fare controlli seri sulla guida in stato di ebbrezza. Benissimo: ma quanto costa alla collettività, oltre a tutti i danni del traffico, anche pagare una squadra di carabinieri ogni sera per evitare che la gente ammazzi o si ammazzi? Quante altre cose potrebbero fare? Vorrei conteggiare anche la repressione tra i costi ‘occulti’ dell’automobile (ricapitolando gli altri: strade e parcheggi, inquinamento, danni alla salute e incidenti, benzina agevolata, spazio sottratto ad altri usi, iniziative di sensibilizzazione per la guida sicura finanziate con soldi pubblici).
Voi direte: sì, ma la gente deve spostarsi. Per quanto anche un ciclista possa essere pericoloso, per ragioni fisiche lo è infinitamente meno di un automobilista. Per le lunghe distanze o le temperature estreme ricorrere ai mezzi pubblici, guidati da personale qualificato ed esperto e più facilmente controllabile, è molto più sicuro (come confermano regolarmente le statistiche). Inoltre i treni hanno spazi dedicati e i mezzi pubblici su gomma non possono raggiungere velocità elevate.
Ieri parlavo con un biciclettaio e gli facevo domande sui vari cargo-bike e passeggini-bici. Dice che in Italia è difficile trovare chi ne produce. Però gli operai FIAT si lamentano dei licenziamenti. Invece di produrre automobili, che fanno un sacco di danni, potrebbero produrre biciclette innovative per il trasporto di bambini, carichi, passeggeri… Secondo me la richiesta di questi mezzi aumenterà sempre di più: non sono economicissimi, ma hanno molti meno costi di manutenzione e non richiedono benzina. Inoltre si potrebbe trattare di piccole industrie locali e artigianali, che creano posti di lavoro diffusi anziché masse di occupati che poi si trasformano in masse di disoccupati (e di fatto rendono difficili riconversioni e ridimensionamenti nei grossi centri industriali perché altrimenti crolla tutto).
Io ho condotto il mio esperimento nel rispetto della libertà altrui: non ho mai chiesto a nessuno di non usare l’auto, semplicemente mi rifiutavo di salirci. Ora però vorrei chiedere a chi legge se qualcuno proverebbe a fare altrettanto, e se no perché.
(Se il motivo sono i bambini, vi consiglio la lettura di qualche storia di chi ce la fa anche con loro)