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Senile

Creato il 23 novembre 2011 da Renzomazzetti
Firenze dalla mia cucina nel novembre 2011.
Firenze dalla mia cucina nel novembre 2011.

La studiosità senile è zelo nell’apprendere oltre l’età; e lo studioso anziano suppergiù un tale che a sessant’anni sonati impara a mente tirate di tragedia, e, mentre le recita tra il bere, rimane a mezzo. E si fa insegnare dal figliuolo il ”fianco destro” e il ”fianco sinistro” e il ”dietro fronte”. E paga per le feste degli eroi, pur di prender parte con i ragazzi alla corsa delle fiaccole. S’intende che, se per caso è invitato a una cerimonia in una cappella di Eracle, buttato via il mantello, aiuta a sollevar da terra il bue, per potergli poi curvare all’indietro il collo; ed entra nelle palestre, e si attacca alla gente per far la lotta. E ai giuochi di prestigio rimane per tre o quattro turni di pubblico, sforzandosi d’imparare le canzonette. E, iniziato al culto di Sabazio, fa di tutto per comparire perfetto al sacerdote. E incapricciatosi d’un’etera, busca bastonate dal rivale, perché tenta sfondare la porta a colpi di trave, e sporge querela. E andando al podere sur un cavallo altrui, vuole esercitarsi nell’equitazione, cade e si rompe la testa. E, se è membro della società dei Decadisti, va raccogliendo gente che non manchi alla festa. E giuoca a statua lunga con il valletto. E tira di arco e di giavellotto a gara con il pedagogo dei suoi bimbi, e lo incita a imparar da volta e rivolta le natiche per parer bravo. E quando sono in vista donne, si esercita a danzare, accompagnandosi da sé con la bocca a voce spiegata. (meditazione sulla studiosità senile di Teofrasto).

 

XXXV

Per ogne gocciola d’acqua, c’ha ‘n mare,

ha cento mili’ allegrezze ‘l meo core,

e qualunqu’è di tutte la minore

procura più ch’a’ romani ‘l Sudare;

ch’i’ seppi tanto tra dicere e fare,

ched i’ sali’ su l’albor de l’Amore,

ed a la sua mercé colsi quel fiore,

ch’io tanto disiava d’odorare.

E po’ ch’i’ fu’ di quell’albero sceso,

sì volsi per lo frutto risalire:

ma non poteo, però ch’i’ fu’ conteso.

Ma gir mi v0′ chel fior, ch’i’ ho, a gioire,

ch’assa’ di volte ‘n proverbio l’ho ‘nteso,

chi tutto vuole, nulla de’ avire.

-Cecco Angiolieri-


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