Premessa: la recensione è stata scritta da Matteo, ho voluto pubblicarla per due motivi: primo per l’entusiasmo che mi ha trasmesso, secondo perchè concordo a pieno.
Sense Of Creation
Ammetto che questa recensione risulta essere uno del lavori piu’ difficili che mi sia trovato a fare. L’amicizia che mi lega ai Sense of Creation e il fatto che questo album, Forsaken Era, lo abbia seguito sin dai primi vagiti con le varie imperfezioni, imprecisioni e modifiche in fieri, mi spinge a scrivere una recensione tra il tecnico, ma le mie competenze non sono propriamente e debitamente certificate, ed emozionale, che giocoforza sara’ la parte predominante.
Il mio intento e’ quello di analizzare canzone per canzone di questo concept album, tralasciando pero’ la parte dei testi che ho seguito dall’inizio e di cui conosco forse fin troppo bene le radici e che non mi permetterebbero di essere obiettivo.
Intro – Un crescendo ben studiato e ben orchestrato con chiarissimi riferimenti alla natura dei Sense of Creation. Le note gotiche portano in un mondo fatto di fitti boschi e spiriti che li abitano fino al raggiungimento del climax con il canto in latino.
Misery – Una partenza potente con una sensazione di cavalli al galoppo, rappresentati dai powercords. La voce segue una direzione diametralmente opposta a quello che probabilmente un ascoltatore vergine si aspetterebbe, fino ad arrivare al ritornello, dove il growling tanto caro al gothic metal (e anche al black metal che ha molto di sinfonico) e la voce si uniscono per chiarire a tutti la direzione che i Sense of Creation hanno seguito per questo concept album.
Appare anche il primo assolo di chitarra che accompagna ai titoli di coda della prima canzone.
Open Up Your Mind – l’inizio rievoca le danze sassoni nei grandi saloni per i balli dei castelli nel Nord Europa, dove dame e cavalieri si inchinano. La struttura vocale e’ la parte predominante ed e’ chiaro gia’ all’ascolto della seconda canzone. Si sente anche molto la sinergia che si viene a creare tra voce e tastiera (anima dei Sense of Creation). Open Up Your Mind non annoia perche’ cambia ritmo e melodia pur restando fermamente collegati fra loro.
Questa canzone ha tutto il potenziale per diventare un ottimo singolo.
Sorrow – la ballata per eccellenza di quest’intero album. Effetti speciali, pianoforte e una voce che colpisce per la dolcezza e per la sensazione di semplicita’ che trasmette nell’esecuzione.
Come in ogni ballata che si rispetti anche la chitarra ritmica ha una buona predominante e l’arpeggio con la distorsione quasi assente affiancata invece da una piu’ ruggente ci accompagnano per gran parte della canzone. Coinvolgente e di grande trasporto e’ la parte orchestrale studiata per accompagnare il canto e il controcanto.
Sicuramente il brano che potrebbe raccogliere un bacino maggiore di ascoltatori per la dolcezza e per la “commercialita’”. Sapendo benissimo che quest’ultimo termine non piace al sottoscritto che gli conferisce per pregiudizio un’accezione negativa.
Doesn’t Matter – introduzione del tutto fuorviante anche se porta ad un’atmosfera cupa e di buio e l’eco graffiante delle chitarre elettriche e dell’orchestra ci spingono a forza nel vero metal fino al ritornello, che fino ad ora ho trovato molto metal vecchio stile.
La cantante dimostra che puo’ giocare a suo piacimento con la sua voce.
Appare il secondo assolo di chitarra molto tecnico.
Doesn’t Matter, a differenza delle precedenti canzone, termina con una chiusura netta.
Fear – note dal pianoforte che mi rimandano a Tubular Bells o a qualche sonata di Philip Glass, intersecata con la prima strofa cantata. Chitarre e batteria si insinuano nella seconda parte della canzone che pero’ mantiene la linea melodica del pianoforte. Chitarra e voce si alternano. Una struttura molto complessa studiata da Lukasz Lowkis.
Hidden By The Light – inizio molto poderoso, potente e deciso che, come le precedenti canzone porta l’ascolatore ad immaginare una tonalita’ alta della voce, ma che con sorpresa trova una voce profonda e calda, che quasi e’ davvero nascosta dalla luce. Se fosse un’immagine sarebbe di certo piena di chiaroscuro, di luci e ombre.
Voci – canzone cantata prevalentemente in lingua italiana, con un grande tributo alla magnifica Antonella Ruggiero di Vacanze Romane, una canzone molto cadenzata che segue alla perfezione la linea ritmica. Il ritornellos invece e’ cantata in inglese per creare una sorta di dialogo tra le parti. Un sapiente intermezzo strumentale dove tastiere e chitarra si susseguono e che nell’ultima parte giocano insieme al canto.
Inutile sottolineare, e questa volta lo dico come ascoltatore e non come conoscente e amico di Elisa, come la sua voce appartenga ad un altro mondo, e che le permette di fare pressoche’ la qualunque cosa desideri.
Alethea – si ritorna ad una intro molto sinfonica anni ’90 quasi da musica pop (della regina del pop – Madonna). Una canzone piu’ rock che metal, un rock dolce e melodico. Un parlato in italiano crea una sorta di richiamo esterno alle radici della cantante che parla alla protagonista della canzone ma forse si rivolge anche a chi sta ascoltando.
Iustitia – Altra sorpresa contenuta in questo concept album, frasi prese dalla Divina Commedia del padre della lingua italiana, Dante Alighieri. Cultura, tradizione e chiari riferimenti alla terra di origine di Elisa. Cantare in latino conferisce un alone mistico e anche forse piu’ gotico di quanto si potesse immaginare all’inizio. La fortuna in questo caso per Elisa e’ quella di non essere anglosassone di nascita. Il latino richiede una buona pronuncia che chi e’ italiano ha quasi innata.
La fine della canzone con l’organo e voce sono forse un tributo al background della cantante?
Outro – conscio di quanto avverra’ negli spettacoli live lascio questi commenti quasi in bianco per non rovinare la sorpresa a nessuno.
La conclusione di questa recensione e’ l’ammissione di aver visto nascere un progetto musicalmente diverso da quanto c’e’ commercialmente in giro, di aver potuto esprimere delle opinioni da profano (quasi) e di poter dire di credere fortemente nelle capacita’ di Lukasz come musicista, compositore (in questo caso non e’ importante l’ordine) e di avere avuto una conferma delle capacita’ canore di Elisa, che per altro conoscevo gia’.
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