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Sense of doubt

Creato il 15 gennaio 2016 da Theobsidianmirror
Sense of doubtEccomi di nuovo qua. Vi sono mancato? Siamo entrati già ormai da un paio di settimane in questo dannato 2016 e il vostro immarcescibile Obsidian prova finalmente a ritornare nel mondo dei vivi. Sollevando lentamente la testa da sotto le lenzuola, stropicciandosi gli occhi con fare annoiato e trattenendo senza troppa convinzione un sonoro sbadiglio, il vostro instancabile (!!!) blogger prepara il suo ritorno all’attività che gli è più congeniale, vale a dire quella di scribacchiare sul blog. Una tazza di caffè caldo, un bel muffin al cioccolato, il micio che mi gironzola attorno e nel lettore i miei vecchi dischi di Bowie che si ripetono all'infinito.
Eh sì, perché non riesco ancora a riprendermi dalla devastazione di questi ultimi quattro giorni. Ma in qualche modo bisogna guardare avanti e proseguire per la nostra strada.
A dicembre ci siamo lasciati con un post nel quale mi rammaricavo di dedicare poco tempo all'interazione con i miei lettori, pertanto riapro con un post analogo che non ha altro scopo che fare ulteriori quattro chiacchiere con voi. Solitamente, questo è ciò su cui stavo riflettendo ierlaltro: quando un blogger accenna alla mancanza di tempo non scende mai troppo nei dettagli. Ognuno ha la propria idea del tempo e della sua mancanza, un’idea che a mio parere è soggettiva, in quanto proporzionata alle abitudini di vita di ciascuno.
Posso io mettere a confronto la mia mancanza di tempo con quella che potrebbe lamentare la commessa di un negozio del centro (che magari è pure mamma, moglie e amante), le cui giornate lavorative si prolungano fino a tarda sera, weekend compresi? Sì e no, perché al di là della componente oggettiva, come ho detto, vi è anche una componente soggettiva, che è quella legata alla nostra percezione del tempo, così come è stata modellata dalle nostre abitudini quotidiane. E cosa succede quando le abitudini cambiano?
Vi basterà sapere che, negli ultimi mesi, le ore che ho dovuto dedicare al lavoro si sono dilatate, spesso fagocitando anche i sabati e le domeniche. D’altra parte c’è la crisi, no? Bisogna dare di più, molto di più. E cara grazia che è così, perché oggi nessuno è più insostituibile. E anche se puoi vantare venticinque anni di esperienza, se pensavi di aver già fatto tutta la gavetta di questo mondo, continui a non valere un cazzo se non dimostri ogni giorno che hai ancora un sacco di sangue da sputare. Sul fatto che poi il sangue te lo faccia sputare qualcuno che ha quindici anni meno di te e che in vita sua non si è mai alzato prima delle dieci di mattina… vabbè, che ve lo dico a fare?
Sense of doubtAvete sentito ciò che ha dichiarato a dicembre il ministro del lavoro Giuliano Poletti? Ha detto che “il contratto di lavoro non deve essere più legato alle ore, bensì ai risultati”. Se ci pensate un attimo è esattamente la descrizione di ciò che è già successo, solo che finora non ce lo ha aveva ancora detto nessuno. Già adesso infatti, quando sono in ferie o in malattia, nelle sere e nei weekend, è tutto un fioccare di telefonate e mail di lavoro. Eccheccazzo!
Stiamo precipitando nell’abisso! Siamo tenuti per le palle e ci tocca rallegrarcene, visto che in fondo in fondo siamo dei privilegiati, noi che un lavoro l’abbiamo. E così gli ultimi sei mesi mi hanno visto spesso con la valigia in mano, itinerante come un giocoliere da una stanza d’albergo all’altra, su e giù per l’Italia tra fiere, eventi, clienti e chi più ne ha più ne metta. Tutte trasferte che hanno davvero messo a dura prova la mia resistenza anche perché, va detto, quelle sono tutte cose che non ti portano nulla dal punto di vista dell’esperienza, della soddisfazione o dell’entusiasmo; ti portano solo un mucchio di sbattimento non retribuito. E ti succhiano tempo, davvero tanto tempo buttato via nelle stazioni, negli aeroporti e nelle cene di lavoro. E quindi? Mancanza di tempo oggettiva o soggettiva?
Ciascuno può portare il suo metro di giudizio e il suo termine di paragone. Per me si tratta sostanzialmente di un cambiamento che ho dovuto apportare alla mia gestione del tempo. Tutto il resto è conseguenza. E il blog di tutto questo soffre terribilmente.
Sense of doubtMi trovo quindi oggi a riaprire la serranda di questa bottega senza avere ancora le idee chiare su quello che succederà da qui a domani. Tra pochi istanti entreranno da questa porta i primi ospiti e io sono ancora qui che mi guardo intorno, lo sguardo che di tanto in tanto si posa sconsolato su tutti questi scaffali ancora vuoti e su queste mura che avrebbero bisogno di una rinfrescata che tarda a venire. Tutto questo per dire che non starò qui a fare la solita lista degli argomenti che affronteremo nell’arco dell’anno che è appena cominciato. D’altra parte sapete benissimo come è finita quando in passato ci ho provato (e se non lo sapete, potete benissimo immaginarlo). Continuerò a portare avanti i progetti già incominciati, anche se non me la sento di dare garanzie su tempi e modi, cercando però di riservare più tempo e spazio a temi diversi, come più spesso avveniva una volta. Non è mai stata mia intenzione circoscrivere gli articoli a poche e selezionate tematiche, talora anche autoreferenziali. Voglio che questo blog continui a esplorare le direzioni più diverse, in modo da rappresentare davvero i miei più disparati interessi. O perlomeno, questo è ciò che proverò a fare. Inoltre, a partire da domani mi metterò al lavoro sullo speciale di aprile, un appuntamento ormai divenuto tradizione su questo blog dopo le grandi soddisfazioni ottenute dagli speciali dedicati ai franchise Phantasm (2014) e Whispering Corridors (2015). Quale sarà lo speciale di quest’anno? Eh già! Mica lo vorrete sapere adesso, no? La verità verrà svelata solo all’ultimo istante, esattamente allo scoccare della mezzanotte che si trova a cavallo tra i mesi di marzo e aprile. Nell’attesa che ciò avvenga ci sarebbe da riempire questo blog con altre facezie, ma quali?
Non disperiamo! Le idee, almeno quelle, non mi mancano. Sul discorso di come fare a metterle in pratica ci sarebbe invece di che riflettere, ma preferisco non fasciarmi la testa prima del tempo. Una cosa però è sicura: comunque vadano le cose, non rinuncerò alla qualità in favore della quantità. Preferisco di gran lunga scrivere di meno piuttosto che arrivare a dover gettare sul piatto dei post riempitivi al solo scopo di dover pubblicare qualcosa a tutti i costi. Del resto, la velocità non è mai stata una delle mie doti migliori, anzi vi confesso che, con poche eccezioni, i miei post hanno una genesi molto lunga. La differenza rispetto al passato è che fino a un anno fa riuscivo a lavorare a più progetti contemporaneamente e perciò avevo sempre molto materiale in bozza, magari perfezionabile ma in gran parte già pronto, mentre negli ultimi tempi non solo ho avuto molto meno tempo, ma sono diventato più lento e inconcludente e questo, alla lunga, potrebbe portare a qualche, ehm, problemino di programmazione. Ma un progetto, almeno quello, lo voglio dichiarare lo stesso. Ho intenzione di rimettere mano su vecchi post del passato, quelli scritti tanti anni fa con uno stile che, rileggendoli adesso, sento non appartenermi più. A voi è mai capitato di non riconoscervi nel blogger che eravate tanto tempo fa? A me è successo e, non lo nascondo, provo un certo imbarazzo a frugare nel passato. Tanti post dei primordi oggi li scriverei diversamente e, statene certo, lo farò. Non ho ancora idea di come, nella pratica, finirò per riproporli senza scuotere le fondamenta del blog ma, vedrete, un modo lo troverò. Ma ora bando alle ciance! Obsidian Mirror è tornato, ed è più bello e più superbo che pria (solo un pochino più triste)! A prestissimo!

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