Sentimento elettorale n.2

Creato il 25 febbraio 2013 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Non c’è alcun sentimento, ma un’analisi del corpo elettorale che convive con una cronica mancanza di cultura politica ed un amore smisurato per demagoghi, strilloni ed inquisiti. E del voto che ne è conseguito…E alla fine fu l’ingovernabilità di un paese che non vuol farsi governare. Avevamo intuito da tempo che Berlusconi era in ripresa e che tanti, troppi erano gli endorsement che pesano di più, quelli della gente comune. Sì, perché in troppi hanno sommessamente sussurrato quel nome che tante risa e critiche riscuote in Europa.

Si è detto più volte: l’italiano scende in piazza con Grillo e fa l’amore in cabina con Silvio. Perché è quel populismo mediaticamente pressante, che entra da tutte le parti: dalla radio, dalla tv, rimedia  figuracce solo su internet.

Il centrosinistra ha perso: poco importa se, alla fine dei conti, riuscirà a strappare coi denti una maggioranza che solo pochi mesi fa appariva scontata.

Paga una dose di narcisismo imperdonabile, ha perso la possibilità di dare una spallata al sistema e di sotterrare Berlusconi sotto una montagna di accuse, attestati di disistima da parte dell’Europa, scandali Fiorito e Nicole Minetti di turno. Ha messo da parte troppo presto quel Renzi che avrebbe potuto reinventare il centrosinistra. Si sarebbe potuto ristrutturare il modo di pensare della società italiana, ma si è preferito trincerarsi dietro la bufala della responsabilità nazionale, che ci ha regalato il governo dei tecnici, l’IMU, i consumi cancellati e i prezzi alle stelle.

Potremmo dire che la cultura politica degli italiani è direttamente proporzionale alla capacità che ha il centrosinistra di andare alle elezioni in un momento favorevole: in entrambi i casi, il valore è prossimo allo zero.

Anche la pseudolegittimazione venuta fuori dalle urne delle primarie è valsa a poco: da più parti si imputano a Bersani, e al suo carisma da bradipo in prognosi riservata, le colpe principali della debacle. Le dimissioni sarebbero un atto dovuto, ma in un paese che gira al contrario come il nostro non sarebbe strano ritrovarselo a Palazzo Chigi tra qualche giorno.

Un altro bradipo, stavolta in loden, incassa una cocente sconfitta: le attese del professor Monti sono state sconfessate dal responso delle urne, davvero poco delicato nei confronti dell’altezzoso e mal digerito bocconiano. La politica, caro professore, non è roba per chi non riesce a tastare il polso al popolo. Non c’è Axelrod che tenga, la comunicazione politica è ben diversa dalle conferenze universitarie cui il presidente del consiglio dimissionario è solito presenziare. La società è stratificata,è espressione di classi sociali differenti e non si può pretendere di governare parlando solo ad accademici e banchieri.

Gongola Berlusconi, quello che ha votato l’IMU, salvo poi pentirsene e promettere agli italiani di restituirla. Ci sono pagliacci più dignitosi che si esibiscono ogni sera nei tendoni in giro per il mondo: Berlusconi è la fotografia di un’Italia votata al malaffare.

La sciocchezza sulla restituzione dell’imposta lo ha portato sulla cresta dell’onda, anche grazie a troppi palcoscenici televisivi compiacenti che hanno permesso all’alchimista di Arcore di entrare in casa degli italiani più volte al giorno, in nome di quell’audience che assicura ricchi contratti pubblicitari: una logica che ha contribuito a creare e diffondere negli anni ’80.

Grillo trionfa: è il vero vincitore di queste elezioni. Le porte di Montecitorio e Palazzo Madama si spalancheranno per una nutrita rappresentanza del M5S, e ci auguriamo che questi ragazzi riescano a resistere al canto delle sirene che potrebbero intentare una “campagna acquisti” di quelle in cui il PdL suole eccellere.

Rivoluzione civile non decolla. Il problema non è certo del programma, ma dell’inadeguatezza dell’offerta politica proposta: non si può parlare di giustizialismo ad un popolo che nasconde scheletri in tutti gli armadi. Tra un massone con turbe da libro di sessuologia che offre condoni e restituzione di imposte, ed un magistrato che propone il ritorno alla giustizia e ai fasti dello stato sociale, è logico che gli italiani scelgano il primo. Ingroia e Di Pietro rimangono fuori dal Parlamento.

Fini scompare dalla geografia politica del paese: troppo debole il risultato di un FLI che non è mai decollato e non è mai riuscito a prendere il posto di Alleanza Nazionale nel cuore dei militanti di centro destra. O, forse, sono i militari del centrodestra che hanno risposto positivamente alle lusinghe del palazzinaro di Milano2 (leggasi Gasparri, La Russa &c., tutti coloro i quali non seguirono il loro “leader” quando questi si dissociò dal PdL), preferendo regnare all’inferno che servire in paradiso.

Rischia di rimanere fuori dai giochi anche Pierferdinando Casini, il democristiano che, dall’alto del suo 3%, parla come se avesse il 70.

Anche la Lega è data in calo, vittima di troppi errori (leggi Trotagate) e di una gestione dei fondi pubblici piuttosto allegra. L’unica autentica funzione del partito di Maroni è quella di far da stampella ad un PdL morente ma non morto.

Giannino invece si “era inventato” un 4% alla camera, sperando nell’effetto trascinamento del consenso. Il rumore, causato dai titoli accademici inventati dal conduttore radiofonico, ha sepolto la sua pur indiscussa competenza. Ma, si sa, in Italia contano più le lauree che le competenze: chiedetelo ad un’ex ministressata del lavoro per avere conferme.

Il vero problema del nostro paese è la scarsa cultura politica. C’è una parte di popolo italiano che preferisce accordare la preferenza ad un plurinquisito che ad un magistrato. Siamo disonesti nel dna, vogliamo qualcuno che ci dica che ci verranno rimessi i nostri peccati, le nostre evasioni fiscali, le nostre case da condonare, i nostri reati da lavare alla fonte dell’amnistia. La gente sceglie le urla dal palco e le promesse, senza avere gli strumenti per valutare la veridicità di molte urla buone solo a far guadagnare voti.
E’ un popolo senza speranza, quello italiano. Non sono “loro” a doversene andare a casa.

Chi può dovrebbe fuggire da questo paese e lasciarlo alla deriva cui è inesorabilmente condannato.


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