È bello sapere di essere attesi da qualcuno.
Mi capita quando sono lontano per un viaggio o al ritorno da una gita in montagna. Mi succede ogni sera mentre rientro dal lavoro e immagino mia moglie che guarda l’orologio e sa del mio arrivo. Penso al suo sguardo, al suo sorriso, alle sue parole in attesa di essere dette. Immagino i figli con il loro solito brio che mi salutano, mi abbracciano o mi saltano in braccio. Persino il cane, dico, mi verrà incontro strusciandosi sulle mie gambe e agitando la coda.
In realtà, nove volte su dieci, appena entro in casa sento le urla di due che litigano, le proteste e i lamenti del terzo con la madre, il pianto del quarto che esige continuamente qualcosa. Vedo lo sguardo compunto di mia moglie, stanca e con i nervi a pezzi. E, infine, comincio a gridare anch’io, per imporre una pace costretta, per riportare ordine e regole – ma non è così facile. Ciò che si avvera di frequente, invece, è l’ultima parte: quella del cane! Lui mi viene incontro per primo, col suo sguardo mesto, il muso lungo e le orecchie basse. Alza gli occhi verso di me come a dirmi: «Che famiglia di matti!»
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