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Sentitevi me

Creato il 06 luglio 2011 da Malvino

Sul Lodo Mondadori una sentenza di primo grado in sede civile ha condannato Silvio Berlusconi a pagare una somma di denaro che corrisponde solo al 7,5% del suo patrimonio personale, ma anche meno se si tiene conto di quanto vi è direttamente e indirettamente collegato. Se in appello la condanna dovesse essere confermata, tale cifra si ridurrebbe presumibilmente di oltre un terzo, mantenendosi quasi certamente al di sotto dei 500 milioni di euro.
Certo, comunque non sarebbe poco in assoluto, ma in relazione un patrimonio che è stimato tra i 9,8 e i 10,2 miliardi di euro risulta senza dubbio esagerata la disperazione. E invece, riguardo alle conseguenze che deriverebbero dalla conferma della condanna in appello, Silvio Berlusconi sta esagerando come solo lui sa fare, e nessuno gli fa presente che essere costretto a sborsare mezzo miliardo non lo renderebbe povero, come peraltro è nell’illusione di molti suoi avversari, che in questa, come in molte altre occasioni, sembrano disposti a giocare una parte in commedia che gli torna utile per spacciarsi da perseguitato, assediato da odio e invidia. Questo gli consente ora di offrirsi come vittima di un progetto di esproprio, nel tentativo di convincere chi voglia mettersi nei suoi panni  che ogni scappatoia sia legittima per difendersene.
In tal senso, e c’era da aspettarselo, è in atto il tentativo di insinuare una stretta correlazione tra il danno che riceverebbe dalla conferma della condanna di primo grado e quello che ne deriverebbe a chi lavora per le sue aziende. In realtà, nulla costringerebbe Silvio Berlusconi a tagliare posti di lavoro a causa di una perdita di liquidità, se non l’intento di drammatizzare la “mazzata” (questo è il termine usato da suo figlio Piersilvio), collettivizzandola ai danni di chi dovrebbe unirsi in coro al suo pianto: si tratta di aziende che da anni non hanno bisogno di ricapitalizzazione, né sembrano averne bisogno a breve. Sarebbe una perdita grave, certo, ma non tragica, se non per chi odia perdere, indipendentemente dalla posta in gioco. E infatti pare che Silvio Berlusconi da settimane vada lamentandosi con i più intimi: “Dove la trovo una somma del genere? Sarei rovinato!”.
Nell’esagerare, tuttavia, non v’è solo il suo abituale lasciarsi andare alla deformazione della realtà per adattarla ai suoi interessi, ma qualcosa di meno istintivo, e di più calcolato. Ne è prova ciò che manda a dire da chi abitualmente dà una ratio ai suoi appetiti: il suo “è un patrimonio virtualmente pubblico, è roba nostra” (Il Foglio, 6.7.2011). Si dà corpo in questo modo alla regola che ha costruito Silvio Berlusconi: sentitevi me, io sono quello che vorreste essere, potete non volerlo solo se disperate di riuscirci. Se non riuscite a mettervi nei miei panni, se non riuscite a sentire vostri i miei interessi, è per la vostra inadeguatezza.

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