Magazine Famiglia
E' un po' di tempo che rifletto sui limiti umani nell'esprimere i sentimenti. I miei pensieri seguono la scia di quanto detto pochi giorni fa a proposito dell'amore che si sente e che si dice ai figli. Mi rendo conto di quanto non solo le parole siano insufficienti a comunicare ciò che si prova, ma anche dell'abisso che spesso esiste fra un comportamento e la sua ragione, una manifestazione esteriore e il motivo che la detta.Così come ogni forma di espressione è limitata rispetto al pensiero e ne costituisce una strettoia più o meno ampia o chiusa, a seconda dei punti di vista, allo stesso modo qualsiasi comportamento non è che una facciata, il volto sbiadito e inattendibile di ciò che abbiamo dentro: la nostra personalità, i nostri sentimenti, il nostro umore del momento.Eppure, i nostri giudizi li formuliamo continuamente e inevitabilmente sulla base di queste apparenze, sulle forme e non sulla sostanza, su ciò che è immediatamente visibile. Raramente andiamo alla causa a partire dalla quale esiste un determinato comportamento. Poche volte risaliamo la corrente e raggiungiamo la sorgente, ché già questo viaggio a ritroso ha in sé l'anomalia del partire dalla fine per raggiungere l'inizio e non è nemmeno una 'ricostruzione dei fatti', ma il loro sgretolamento, la loro scomposizione. Tutto ciò non lo fanno gli adulti, figuriamoci i bambini: osservatene gli occhi basiti di fronte a una manifestazione che per loro non ha ragioni 'evidenti' per essere tale. E' inevitabile esprimere in modo insufficiente i sentimenti e ogni comportamento non rispecchia esattamente la ragione che ne è la causa: sono limiti umani. Quanto mi piacerebbe invece poter parlare con uno sguardo, con il solo battito delle palpebre. Come vorrei poter avere dialoghi da anima ad anima, senza queste barriere di corpi e senza frastuoni di voci.