E poi ci sono loro, e basta quello. Passata la tempesta, la ‘povna si riposa all’ombra dei Merry Men, sulla casa sull’albero. Loro sono tutti intenti a scrivere, e cercando di mantenere un accettabile silenzio; sia perché sono in punizione, per il comportamento (e devono dimostrare di saper essere grandi), sia perché, per la luna Ariosto e Astolfo c’è bisogno di gran concentrazione.
All’improvviso però scatta la mano di Piccolo Giovanni; la ‘povna gli fa cenno di parlare.
“Prof., posso farle una domanda?”. Pausa. “Personale, però”.
L’esitazione dura un attimo, ma la ‘povna la trattiene, rapida:”Dimmi pure, certo”.
Il suo bel volto da adolescente sicuro e accattivante si apre in un sorriso limpido:
“Ma lei potrebbe vivere, senza di noi, professoressa?”
La richiesta è di quelle impegnative (e pure un po’ spudorate, a dirla tutta), e la risposta va meditata bene.
“Sai, Piccolo Giovanni, ti dirò una cosa apertamente materialista: non si vive senza mangiare, senza bere, senza salute; il resto è tutto superfluo”.
La faccia di Piccolo è perplessa e con lui quella di tutti gli altri.
E la ‘povna riconosce il momento di introdurre la pars construens.
“Però ammetto volentieri – l’ho ricordato a un’amica proprio in questi giorni – che io non potrei MAI dimenticarmi dei miei alunni, a lettere maiuscole”.
Loro non dicono più niente, ma il sorriso di soddisfazione sulle loro facce buffe parla da solo, ed è eloquente.
È tempo di tornare ad Ariosto. Ma a chiudere l’intermezzo è ancora la voce di Piccolo Giovanni, come dato di fatto:
“E me, meno di tutti gli altri, perché sono il più bello, non è vero?”.