Mentre trascorre i giorni al nord nella maniera che più la convince (i.e.: facendo il pieno degli amici per la seconda delle sue settimane intoccabili dell’anno, e che le importa del resto del mondo), la ‘povna ha avuto modo, nel mezzo, di scollettare un capodanno, e dunque di riflettere sul motto da applicare al 2016 bisesto (e, no, certo, lei non è superstiziosa, essendo atea, per contratto, e però l’ultimo paio di volte bisestile ha disegnato tragedie varie e morti, e dunque…), così come da tradizione. L’anno scorso, in maniera contraria un po’ al suo solito, si era data come bussola il “fa’ ciò che vuoi” agostiniano, oppure di Auryn, ed era stata una ardita scommessa. Perché a lei in realtà, kantiana per formazione, le regole, specie se autoimposte, piacciono (anche molto); e perché è in fondo (ma anche in cima) convinta che sia sempre assai rischioso giocare con la volontà.
L’anno che ne è seguito, se il tempo è di bilanci, è stato sghembo quanti altri mai, di non facile lettura, difforme. La ‘povna qualche mese fa lo ha definito “disonesto”, in risposta all’onestà di un 2013 nel quale tutto era stato non certo bellissimo (e come si poteva, dopo un 2012 di tale fatta?), ma sicuramente assai chiaro ed essenziale.
Molte cose positive, nell’anno appena passato (di alcune ha appena detto; altre sono scritte nella storia dei suoi uomini del bosco; altre rispondono all’esigenza di narratari altri); ma anche molta confusione, troppa. Nel capire l’orientamento della trama (troppo spesso stramata) e dunque nel farla; così come nella troppa ostentata indefinitezza nel decidere, in certi punti cruciali della rotta, da che parte andare.
Sarà per questo, oppure perché i narratari si sono appunto moltiplicati, e questo non facilita, che la ‘povna (che pure ha dedicato all’argomento tempo e tempi), arriva alle soglie del nuovo anno con le idee ancora in alto mare, sensibilmente. Ed è così che, alla fine, in una serata di cura e dedizione molto bella, decide infine di inaugurarlo, consapevole, facendo di necessità virtù, e dunque scelta.
La freccia del 2016 viaggerà dunque, esplicitamente, sotto insegne “senza motto”. Lo sceneggiatore, dal canto suo, conferma immediato la tendenza (ché, durante la loro tradizionale cena del 1 gennaio, si asterranno dai buoni propositi, per la prima volta in dieci anni). Per il resto, a voler guardare il passato, prima di puntare dritti verso il nuovo (che recita, già nei soli primi tre mesi, viaggi, decennali, feste), la ‘povna ha risposto così al gioco che hanno fatto tra gli auguri di buon anno, segnalando (a richiesta di Piton), come ciò che terrebbe o butterebbe del 2015, le “novità” e le “novità”, rispettivamente. Come Best Of dell’anno ha risposto invece “lo scatolificio“, senza incertezze. Quanto invece all’augurio irrazionale (quello cioè che non dipende dalle azioni proprie, ma solo dalla fortuna, e niente altro), la sua risposta è chiara, e già da tempo. Ma non è quello, ancora, di parlarne qui.