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Senza nome nè foto: un numero a Lampedusa. Così finisce il sogno di un presente migliore

Creato il 02 agosto 2011 da Yellowflate @yellowflate

 

Senza nome nè foto: un numero a Lampedusa. Così finisce il sogno di un presente migliore

Senza nome nè foto: un numero a Lampedusa. Così finisce il sogno di un presente migliore

Lampedusa, l’allarme non cessa. E se vi abbiamo raccontato del viaggio con i cadaveri, probabilmente persino seviziati, oggi un nuovo barcone con circa 150 profughi a bordo è stato avvistato a circa 5 miglia da Lampedusa. Due motovedette della Guardia costiera hanno raggiunto l’imbarcazione per ‘scortarla’ fino al porto. C’è anche una terza motovedetta nei pressi dell’imbarcazione che ha segnalato un’avaria al motore. Le odissee continuano e continua il business dei caronti del Mediterraneo. Intanto sono stati individuati i sei presunti scafisti che avrebbero condotto, nella notte tra domenica e lunedì, il barcone con a bordo quasi 300 profughi partito dalla Libia e approdato a Lampedusa, nella cui stiva sono stati rinvenuti 25 morti per asfissia nella stiva.I corpi dei migranti hanno trovato spazio nel piccolissimo cimitero lampedusano, non hanno nome, non hanno nulla. Solo un numero. Così leggiamo: in   alto a destra c’è il numero 6, più giù il 9, poi l’11, il 15, il 18 e il 12. Non ci sono nomi né fotografie. E non ci saranno neppure in futuro. Altri sei uomini invisibili che hanno perso la vita nel tentativo di trovarne una nuova, fatta di libertà e di democrazia.Una triste croce da portare sulle spalle per una democratica Italia ed una civile Europa.I loculi sono anonimi, ma a terra ci sono due mazzi di fiori: gladioli, gerbere, margherite gialle e viola, ma anche un giglio. A sistemarli ai piedi delle tombe dei senza nome sono stati gli stessi muratori del cimitero di Lampedusa. Commovente è la dichiarazione del  responsabile dei servizi cimiteriali, Enzo Maggiore: ”Non potevamo seppellire sei vite umane senza onorarle con un fiore, così abbiamo preso due mazzi di fiorni e li abbiamo sistemati ai piedi dei loculi. Non abbiamo fatto nulla di eccezionale, ma fa male vedere quanta povera gente muore senza avere una degna sepoltura. Senza un nome, un cognome, un’identità, una fotografia”.Intanto si è scoperto che i sei presunti scafisti, nei cui confronti non è ancora stato emesso un provvedimento di arresto, sono di nazionalità siriana, somala e c’è anche un marocchino. Sono stati indicati da decine di testimoni oculari che erano sull’imbarcazione e che sono stati ascoltati per tutta la giornata dagli uomini della Squadra mobile di Agrigento.Secondo le testimonianze, sembra che alcuni dei presunti scafisti individuati sarebbero tra coloro che hanno impedito ai 25 profughi chiusi nella stiva di risalire sul ponte. La Procura di Agrigento, che ha aperto un’inchiesta, indaga per morte come conseguenza di altro delitto, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e omicidio. Quest’ultimo reato è stato inserito dopo il racconto dei superstiti, secondo cui nella stiva ci sarebbe stato un ventiseiesimo uomo che poi sarebbe riuscito a risalire ma per punizione sarebbe stato gettato in mare, dove è morto annegato.   Gli investigatori sono convinti che alcuni dei 25 profughi siano morti non solo per asfissia ma anche per atti violenti:su due dei 25 corpi verrà eseguita l’autopsia, come disposto dal magistrato, per accertare se ci sia stata violenza. Il medico che ha condotto l’ispezione cadaverica, Pietro Bartolo, ribadisce che i profughi ”sono morti tutti per asfissia a causa dell’assenza di ossigeno nella stiva della barca”.Ma i due su cui verrà eseguita l’autopsia hanno evidenti segni di ecchimosi e contusioni. Sempre testimoni presenti sul barcone sostengono che c’è stata una lotta tra i 25 chiusi nella stiva e alcuni profughi sul ponte del barcone. ”Stiamo tentando di fare luce su quanto accaduto – ha sottolineato il procuratore di Agrigento Renato Di Natale – e l’autopsia ci sarà d’aiuto”. Il mar Mediterraneo cimitero liquido oramai quotidianamente è scenario di incessanti vicende altamente crudeli, muto spettatore dell’infamia e bassezza umana.

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