Edizione Mondadori 1993, ristampa 2012
Dunque, il poeta, attratto dal bello di un paese del sud che non sa però mettere in versi tanto è mozzafiato e, invece, ispirato dall’angoscia dei visi tirati dei pescatori che lo rendono produttivo al punto tale da scrivere e scrivere e scrivere finché il testo non diventa fitto e copioso, tutto e niente, contenuti densi e indecifrabili come un urlo. Ma perché la pagina finale? Perché è di una prosa squisita. Che scardina ogni grammatica, ogni procedimento testuale catalogabile sotto l’etichetta “paratassi” o “ipotassi”. Un lungo periodo descrittivo di una ventina di righe per restituire la vita quotidiana di un borgo del Mezzogiorno. Non una fissa istantanea, piuttosto una carrellata cinematografica, dinamica, carnosa e al tempo stesso agile alla visione e alla lettura. Un fresco incedere, niente affatto pigro, ma affamato di particolari, di ragazzetti, di donne, di vecchie, di muli, di vie, di mosche, di escrementi. Gioia estetica del fruitore e felice operazione dello scrittore.