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Senza tempo.

Creato il 25 febbraio 2016 da Scurapina

Far digerire l’Iliade a dei ragazzini di undici anni che vivono in questa epoca, tra smartphone e videogames, non è facile: il linguaggio (soprattutto quello della traduzione di Vincenzo Monti) è oscuro quasi come una lingua straniera, la costruzione dei periodi è ardita e anche la storia, in sè, è lontana dai loro interessi e dalla loro sensibilità

L’ira di Achille, offeso dalla prepotenza di Agamennone, non li appassiona, gli infiniti duelli a lungo andare li annoiano, il senso del destino incombente è lontano anni luce dalla loro sensibilità.

Nel mare magnum del poema omerico c’è però una gemma senza tempo che riesce sempre ad affascinare anche i ragazzini di oggi: l’episodio di Ettore che, presso le porte Scee, incontra per l’ultima volta la moglie Andromaca e il figlio Astianatte poco prima di gettarsi di nuovo nella mischia.

Il breve dialogo crea una specie di cerchio magico: intorno c’è la guerra, ci sono le urla dei combattenti e i gemiti dei moribondi, ci sono sangue e dolore, ma lì, nell’occhio del ciclone, c’è un attimo di affetto, di tenerezza e di quiete, c’è un padre che si toglie l’elmo per non spaventare il suo bambino prima di prenderlo tra le braccia, c’è la speranza di riuscire, con la forza dell’amore, a scongiurare un destino ormai scritto.

Ettore per un attimo non è più un personaggio, ma una persona in carne, ossa ed emozioni.

Poi ricomincia la lotta, Ettore torna ad essere il guerriero fortissimo e spietato che guida l’estrema resistenza del suo popolo, torna ad essere una figura lontana e difficile da comprendere, ma l’eco delle sue parole e dei suoi gesti lo accompagna fino alla fine del poema.

Laodicea (Turchia)


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