Senza titolo
Da piccola ero molto frustrata dal fatto che il telegiornale non parlasse mai dell’Umbria, né tantomeno di Perugia. Non parliamo poi del paesino sulle ridenti rive del Trasimeno che abito dalla nascita. MAI, nemmeno per le cose brutte. E sì che smaniavo per vedere un luogo conosciuto, perché si sa che se non appari in televisione non vali nulla.
Ho sempre detto che a Perugia non succede mai nulla.
Ho sempre affermato di vivere nella più noiosa delle regioni.
Poi oggi dal nulla mi manda un sms una amica lontana: “Mica sarai andata in Regione oggi, eh?”
Non capisco, lo chiamo e mi informa di quello che sta rimbalzando su tutti i media.
Ah.
Non c'è nulla da dire.
Non ci sono parole, è ovvio.
Io poi lì ci andavo pure abbastanza spesso quando lavoravo con l’azienda precedente, conosco gli uffici, i visi, le persone.
E’ stato uno shock.
Quanta disperazione deve maturare un uomo per fare un gesto del genere?
Ma soprattutto il pensiero mi corre in automatico a quelle due poverette che stamattina, uscendo di casa magari anche un po’ di corsa, sono andata a lavorare senza sapere cosa le attendesse. Magari non hanno salutato come avrebbero voluto una persona cara, magari non hanno fatto quella telefonata lì pensando di farla dopo. Magari non si son messe il rossetto nuovo, erano a dieta e si immaginavano in vacanza. Magari una di loro aveva il raffreddore e avrebbe voluto restarsene a casa.
E invece il loro tempo è finito, così come quello del disperato assalitore che ha strappato le loro vite.
Due vite inconsapevoli, di persone qualunque che svolgevano un lavoro per lo Stato. Non un lavoro di frontiera, ma uno qualunque, di passacarte magari. Pure precario, si dice. E hanno pagato loro per un sistema burocratico e ozioso, cavilloso come se fosse stato redatto dall’avv. Azzeccagarbugli in persona. Ma che mica era colpa loro.
E per me è stato impossibile non alzare gli occhi ed incontrare quelli della mia collega, impossibile non pensare che certi tipi di lavoro che vanno a toccare nei punti vivi la vita delle persone non siano oggetto di anatemi e lamentele, specie in questa congiuntura economica che sembra succhiare via la speranza della gente.
E per quanto si cerchi di essere accomodanti e di capire tutto, a volte si dice NO.
Perché non si può, perché occorre applicare la legge, perché semplicemente non dipende più dalla persona che si ha di fronte e non è giusto prendersela con lei.
Non ci sono parole per la tragedia di oggi, che è una tragedia in ogni senso, senza redenzione.
Non ci sono vincitori né vendicati, non c’è onore né rispetto.
Non c'è pace.
E nemmeno il più pallido sentore di giustizia.
Solo disperazione.