ci sono ancora scatoloni per casa mentre arriva lei, quella sensazione lì, che io sapevo che sarebbe arrivata, ad un certo punto.
dai cartoni escono oggetti non miei, che hanno dietro e dentro una storia non mia, che hanno abitato case in cui non c'ero e che hanno un passato in cui non esistevo.
ci sono valigie che non riconosco, vestiti nell'armadio che non avevo mai visto prima.
e penso a loro che guardano la mia invadente occupazione degli spazi con la stessa perplessità di uno straniero in terra straniera.
era prevedibile che sarebbe arrivata, ad un certo punto, quella sensazione che non potevo conoscere, ma che sapevo sarebbe arrivata.
io sono una piena di cose. perchè in ognuna c'è un po' di storia e a me, la storia piace portarmela dietro. ho cambiato quattro case fino ad ora e in ognuna ho sempre portato tutta la testuggine dietro. perchè mi piace sentirmi a casa in qualunque casa abiti. e ho sempre riconosciuto nei miei oggetti i miei tempi e i miei modi. perchè i miei spazi materiali, da quando abito sola, sono sempre stati la versione esternalizzata del mio spazio interiore. e ora nella casa che è la più casa di tutte, le mie cose familiari, testimoni privilegiate degli ultimi quattro anni della mia vita scomposta, cercano compostamente posto ed equilibrio con nuove convivenze. loro, abituate alla mia indipendenza, alla mia solitudine, alla mia selettiva socialità, mi vedono ora resettare autonomie a garanzia di quel "qualcosa" che ci ha trascinato incoscienti e sicure dentro questa grande e grossa nuova cosa della casa e delle cose che velocissimamente diventano tante e imprevedibilmente condivise.
e mentre da una parte una cucina rossa giura che i miei sogni possono facilmente parlare plurale e dall'altra un sogno che spero mi riguardi accompagna un sonno in attesa del mio arrivo, è nell'unica stanza ancora in costruzione che io mantengo la continuità col mio consueto insonne pensiero in esubero.