Preso atto con favore dei progressi compiuti da Belgrado sul terreno delle riforme, della cooperazione con il Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia e della riconciliazione nazionale, il commissario all'Allargamento, Stefan Fuele, ha spiegato che il parere favorevole sulla concessione dello status di Paese candidato alla Serbia prevede che “Belgrado si impegni di nuovo nel dialogo con il Kosovo e proceda velocemente ad attuare in buona fede gli accordi raggiunti finora”. Fuele raccomanda che “i negoziati di adesione siano aperti non appena la Serbia avrà fatto ulteriori progressi nel rispetto di quella che noi identifichiamo come la priorità chiave: altri passi verso la normalizzazione delle relazioni con il Kosovo, in linea con le condizioni poste dal processo di Associazione e stabilizzazione”. Il commissario ha tenuto a precisare che “questa è la sola priorità che abbiamo indicato ed è un tributo agli sforzi sulle riforme cui abbiamo assistito in Serbia nell'ultimo anno nel settore della giustizia, dello stato di diritto ed in altre aree legate ai criteri di Copenaghen”.
Sul Kosovo, del resto, “Belgrado desidera giungere ad una soluzione che possa essere accettabile per tutti”, come ha dichiarato il presidente serbo, Boris Tadic, incontrando i giornalisti al termine del suo colloquio con il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini, in visita nella capitale serba. “Siamo aperti [al dialogo con Pristina] perché siamo stati noi ad aprirlo” ha detto Tadic, precisando che la Serbia non vuole “che siano premiati atti unilaterali da qualunque parte possano arrivare”. E tuttavia, ha aggiunto il presidente, “la Serbia ha i suoi principi a cui non vuole rinunciare, l'integrità territoriale e l'indivisibilità del suo territorio”, per cui “si può arrivare ad una soluzione politica solo se anche Pristina lo desidera".
La quale Pristina dovrà mostrare essa stessa un atteggiamento disponibile sulle relazioni con Belgrado. Certo, per ora resta lontana non solo la concessione dello status di Paese candidato, anche la firma dell'Accordo di stabilizzazione e associazione, primo passo formale sul cammino verso la piena integrazione nell'Unione. La Commissione osserva che Pristina “ha continuato i suoi sforzi per allineare la sua legislazione agli standard europei, ma restano difficoltà per quanto riguarda la sua attuazione”. L'esecutivo UE sottolinea, non a caso, che “le divergenze sul suo status rimangono un ostacolo allo sviluppo di relazioni negoziali tra l'Ue ed il Kosovo". Prima o poi anche a Pristina dovranno prendere atto che il (lungo) cammino verso Bruxelles passa dal Kosovo non solo per la Serbia ma anche per il Kosovo stesso. [RS]