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Sergio Sollima (1921-2015)

Creato il 01 luglio 2015 da Af68 @AntonioFalcone1
Sergio Sollima

Sergio Sollima

E’ morto oggi, mercoledì 1° luglio, a Roma, sua città natale (1921), il regista Sergio Sollima, papà di Stefano (A.C.A.B., Gomorra – La serie, Romanzo criminale – La serie), autore negli anni Sessanta di famosi spaghetti western, come quelli che andarono a comporre un’ideale trilogia che vedeva protagonista Tomás Milián, iniziata nel 1967 (La resa dei conti), proseguita l’anno seguente (Faccia a faccia) e conclusa nel 1970 (Corri uomo corri). Nel primo e nell’ultimo film l’attore cubano dava volto al peone messicano Cuchillo, picaresco personaggio che il pubblico giovane dell’epoca non tardò a connotare politicamente, con riferimenti alle lotte rivoluzionarie terzomondiste o comunque a tematiche proprie del periodo, quali la giustizia sociale o la ribellione alle iniquità del sistema.
Queste ultime erano raffigurate da un individuo “puro”, nel senso di non socialmente integrato, e quindi in quanto tale idoneo a farsi latore, all’interno delle pellicole citate, di un particolare spirito ribelle.

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L’esordio di Sollima, dopo il diploma presso il Centro sperimentale di Cinematografia e l’attività di critico cinematografico, non avvenne però come regista per il grande schermo, bensì in veste di autore teatrale, con la commedia L’uomo e il fucile, rappresentata nel 1948 e diretta da Luigi Squarzina, cui seguirono altre realizzazioni (I pallinasti, Apocalisse a Capri).
Iniziò a lavorare al cinema come assistente di Domenico Paolella, firmò la sceneggiatura di alcuni film, ed infine debuttò nella qualità di cineasta nel 1962, quando diresse un episodio de L’amore difficile (Le donne, dal racconto di Ercole Patti), mentre nel 1965 e nel 1967 diede vita a tre spy story, sulla scia del successo di 007, con lo pseudonimo di Simon Sterling, rispettivamente Agente 3S3: passaporto per l’inferno, Agente 3S3: massacro al sole (protagonista Giorgio Ardisson) e Requiem per un agente segreto (qui l’interprete fu Stewart Granger).

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Subito dopo vennero le citate pellicole western, che lo connotarono presto come uno dei cantori del genere in versione italica, molto attento a delineare le connotazioni psicologiche dei personaggi, ma non mancarono anche incursioni nel thriller (Il diavolo nel cervello, 1972) o nel poliziesco (Revolver, 1973), mentre sul finire degli anni Settanta Sollima si concentrò in particolare sulla messa in opera di sceneggiati televisivi, a partire dal celeberrimo Sandokan, trasmesso dal secondo canale Rai in 6 puntate nel 1976 (6 gennaio -8 febbraio) e tratto dai romanzi di Emilio Salgari (Le tigri di Mompracem e I pirati della Malesia).
Protagonista un indimenticabile e carismatico Kabir Bedi nei panni del principe e pirata malese, affiancato da Philippe Leroy nella parte del “fratellino” Yanez de Gomera, la splendida Carole André ad interpretare Marianna Guillonk, alias La perla di Labuan, senza dimenticare i “cattivi” Adolfo Celi, Sir James Brook, e Andrea Giordana, Sir William Fitzgerald.

Kabir Bedi

Kabir Bedi “Sandokan”

Grande successo di pubblico all’epoca (oltre 27 milioni di spettatori a puntata) e notevole fenomeno di costume al contempo, Sandokan, grazie anche alla valorizzazione registica degli scenari naturali, ricreava con rara efficacia il senso d’avventura e mistero proprio delle opere d’origine, connotandolo inoltre di particolari risvolti romantici, senza dimenticare il tema “politico” della lotta contro l’oppressione colonialista per rientrare in possesso di ciò di cui si è stati privati con l’inganno e la violenza, ponendo comunque attenzione, all’interno di una battaglia individuale, spinta anche da un forte desiderio di vendetta, alla sorte dei singoli. Dello sceneggiato venne realizzata una versione cinematografica, così come furono destinati alle sale Il corsaro nero (che sfruttava nuovamente Salgari e la coppia Bedi-Andrè), 1976, e il successivo La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa.

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Seguirono poi altri lavori televisivi (fra gli altri, I ragazzi di celluloide, 1980; Uomo contro uomo, 1987; Passi d’amore, 1989), comprensivi del tentativo, non riuscito, di riportare in auge il personaggio di Sandokan (Il figlio di Sandokan, 1998). Sollima, come molti suoi colleghi dell’epoca, ha rappresentato un modo di fare cinema basato anche sullo sfruttamento dei generi, magari semplice ed “artigianale”, ma frutto di geniali e spesso felici intuizioni, offrendo al mondo della Settima Arte una fascinazione forse ingenua, ma contraddistinta da una particolare creatività, come ci ha ricordato Quentin Tarantino giorni addietro dal palco del Teatro Olimpico di Roma, durante la cerimonia di consegna dei David di Donatello.


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