Finalmente approda su Sangue d'inchiostro una nuova rubrica mensile che non tratterà di libri. Ci discostiamo infatti dal mondo di carta e inchiostro per parlare di un'altra grande passione che accomuna l'intero staff del blog: le serie TV, specialmente quelle provenienti da oltreoceano. Esclusi gli eventuali casi in cui sia io stesso a prendere in mano il timone, a dar voce a quello che per noi Serializzati è ben più di un hobby sarà proprio colei che ha fatto di questo prodotto audiovisivo un lavoro, Chiara Poli. La talentuosa Chiara scrive per FoxTV , dove commenta le serie TV in onda sul celebre canale SKY puntata dopo puntata. Ma non solo. Come se non bastasse Chiara gestisce anche un seguito e interessantissimo canale YouTube e, nel corso della sua carriera, ha infuso la sua saggezza e passione nei seguenti titoli letterari: Ammazzavampiri. La prima guida italiana al serial TV Buffy, La vita è un telefilm, scritto in collaborazione con Leopoldo Damerini, Maniaci Seriali - Le serie TV e i loro fan, una sorta di saggio immancabile per gli appassionati, e, infine, la sua ultima creazione che non ha nulla a che vedere con i telefilm, Marley chi? La mia vita con tre Labrador, di cui i ricavati andranno devoluti in beneficenza all'associazione AnimaLibera.
A cura di Chiara PoliPensavo di iniziare questo nuovo appuntamento mensile con una panoramica sui generi televisivi, la storia dei telefilm, le caratteristiche delle serie contemporanee più interessanti. Avremo modo di farlo più avanti. Riflettendo su quale argomento scegliere ho infatti deciso di dedicare un po’ di spazio ad alcune valide serie che non mi capita spesso di trattare per lavoro. O che magari non vengono mai citate del grande pubblico, né dagli appassionati di telefilm, nei sondaggi. Eppure secondo me meritano attenzione. Come Everybody Hates Chris. La comicità più riuscita si basa spesso sulla parodia, come dimostrano alcuni dei film più riusciti di sempre (Frankenstein Jr., ad esempio). Perciò da un comico del livello di Chris Rock, popolarissimo negli Usa, ci si poteva aspettare un’idea del genere: fare una parodia della propria infanzia e adolescenza traendone una serie tv. Un’irriverente visione intitolata “Tutti odiano Chris” per fare il verso alla pluripremiata (e amatissima in patria) “Tutti amano Raymond”. L’assunto di partenza di Chris Rock è piuttosto semplice: spesso le persone di successo hanno alle spalle una vita difficile. È il suo caso, ma essendo un comico è anche occasione di riflessione per scherzare e ironizzare su tutto ciò che normalmente fa intristire: povertà, emarginazione, difficoltà con le ragazze, prese in giro, bullismo...In Everybody Hates Chris c’è tutto questo, ma c’è soprattutto la precisa volontà di restituire allo spettatore l’immagine di una famiglia che si barcamena fra mille difficoltà nella Brooklyn degli anni ’80 senza mai perdersi d’animo. Il presupposto da cui parte Rock secondo me è questo: chi conosce solo difficoltà e ostacoli non può intristirsi della propria vita; affronta tutto con lo spirito giusto perché crede che sia... normale. Io trovo questa lettura della serie molto interessante e originale. Così papà Julius che sa quantificare il costo di qualsiasi cosa (incluso un bicchiere di latte parzialmente rovesciato per errore) diventa un espediente comico per raccontare la povertà di chi fa due o tre lavori per sbarcare il lunario. E le difficoltà di Chris a scuola, unico bambino di colore in una scuola di bianchi - deriso più per i suoi vestiti che per questioni razziali - diventano lo spunto per raccontare con ironia gli stratagemmi di un ragazzino determinato a ritagliarsi un ruolo nella società. Everybody Hates Chris è costruita su avvenimenti semplici, quotidiani ma comunque importanti perché da un lato ci fanno conoscere una carrellata di riusciti personaggi e dall’altro ci insegnano a prendere con filosofia anche la peggiore delle notizie. I sogni ad occhi aperti di Chris (uno straordinario, giovanissimo Tyler James Williams, che all’inizio della serie aveva solamente 12 anni) sono così riusciti da far invidia a Ally McBeal in persona. La volgarità è estranea a qualsivoglia ispirazione comica e ci vengono persino risparmiate le odiose risate finte del pubblico. La regia è allegra, movimentata e lontana dagli stereotipi delle sitcom più classiche. La colonna sonora è piena di hit storiche, perfettamente adattate agli stati d’animo dei personaggi per commentare al meglio ogni situazione. Mamma Rochelle (Tichina Arnold) prende in giro i caratteristi dei b movie delle minoranze etniche (quelli citati da Carla in Scrubs, per capirci) e papà Julius (Terry Crews) fa il verso alla caricatura del padre aspirante autorità in famiglia ma in realtà soggiogato dalla moglie. Ciliegina sulla torta, tutto nella serie viene commentato dal protagonista stesso, Chris Rock, trent’anni dopo. Rock si è regalato un’occasione più unica che rara: rivivere infanzia e adolescenza con uno sguardo divertito ma anche un po’ malinconico; commentando ogni evento col senno di poi. Chi di noi non ha mai sognato di poter fare la stessa cosa?