l’Universo. Bellissimo, per carità (posso dire di essermi disidratata a forza di sbavare ogni volta che l’ho visto senza maglia), ma è un cucciolone tenero che fa venire il diabete, tranne quando diventa bestia. J.T. è l’unico che salvo: un uomo normale, dotato di un’ironia che mi ha fatta sbellicare dalle risate, che si ritrova a dover condurre una vita incasinata per proteggere l’amico; si può dire che alla fine sia sempre lui a risolvere le situazioni: è l’unico che si preoccupa veramente di essere discreto, è il loro hacker di fiducia, lavora ad un farmaco che permetta a Vincent di controllare le proprie trasformazioni, riesce sempre a tirar fuori idee brillanti per coprire i disastri fatti dal coinquilino e gli salva la pelle in più di un’occasione. Sembra un petulante codardo, ma in realtà è in grado di tirar fuori una gran quantità di coraggio quando serve. Sorvolo sui personaggi secondari, tutti piuttosto scontati: la partner di Cat che ha una tresca col capo della polizia, la sorella ochetta, il medico legale innamorato di Cat che cerca di salvarla dalla bestia, sono tutti stereotipi, personaggi poco delineati. La storia d’amore fra Catherine e Vincent è estenuante: si prendono, si mollano, passano il tempo insieme a chiedersi a vicenda se sono convinti di voler stare insieme, si rispondo immancabilmente che non potrebbero fare a meno l’uno dell’altra e dopo un attimo si mollano di nuovo (per tre secondi), poi tornano insieme e ricominciano con le loro paranoie. Una cosa che a Beautiful fa un baffo, per intenderci. Lei lo fa ingelosire di continuo e quando lui diventa una bestia (letteralmente), Cat cade dalle nuvole, sbatte le ciglia e si chiede cosa mai possa aver scatenato una tale reazione “Oh, davvero? Ti sei ingelosito solo perché ho baciato tizio e l’ho portato con me al matrimonio di mio padre? Come sei strano!”. Insomma, manca di mordente, di pathos: qualunque cosa accada, sai che l’amore vincerà sempre, ne hai la certezza fin dal primo istante. Poi c’è l’argomento un po’ più scottante, quello della multinazionale che opera nell’ombra per creare questa razza letale e al tempo stesso per distruggere quelli che, come Vincent, sono considerati errori di percorso. La Murfield (questo il nome della società) allunga i suoi tentacoli ovunque e ha per questo la possibilità di compiere i suoi misfatti senza che nessuno indaghi mai troppo a fondo, fatta eccezione per Cat e il suo entourage. Il meccanismo è quello che tanto piace agli americani: l’esistenza di un vero e proprio mondo che si cela nell’intero substrato sociale, basato su segreti, intrighi, manipolazioni e bugie del quale il cittadino medio può soltanto immaginare le nefandezze. Un mondo nel quale ogni singolo evento (soprattutto se catastrofico) è studiato a tavolino e con il chiaro intento di acquisire potere. In Beauty and the Beast, però, questo argomento viene trattato con eccessiva superficialità: la Murfield è al tempo stesso descritta come una potenza dalla quale non ci si possa nascondere per nulla al mondo e come un gruppo di esaltati che riesce sempre a farsi fregare da Cat e Vincent. Infine, c’è un tema che a me sta molto a cuore e che nel telefilm viene introdotto ma mai approfondito sul serio. Vincent agisce come un giustiziere: uccide solo i “cattivi”, quelli che importunano la sua ragazza, quelli della Murfield, i malavitosi e così via. Cat, in quanto poliziotta, riesce sempre a coprirlo e chiunque venga a conoscenza di questa storia, fra i loro amici, prima o poi li aiuta a tener tutto nascosto, mandando a monte anni ed anni di lotte sociali per ottenere che nessuno pensi di farsi giustizia da solo, perché nessuno può porsi al di sopra della legge. È un messaggio forte, anche se in questa serie viene edulcorato e nascosto sotto strati di banalità e cuoricini, figlio dei tempi in cui viviamo, nei quali non c’è più fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. Per concludere: l’aspetto fantasy è presente, ma a mio parere poteva esser approfondito; l’aspetto poliziesco è pressoché inutile: la maggior parte dei casi ruota intorno al complotto che vede coinvolti Vincent e Cat, come se a New York non accadesse altro. Dal punto di vista del romanticismo può andare bene se vi piacciono le storie banali e in stile telenovela. Insomma, se volete trascorrere quaranta minuti senza impegno, con un po’ di batticuore “sicuro” perché sapete che andrà comunque a finire bene, è la serie ideale.
Magazine Cultura
Serializzati: Beauty and the Beast - Prima Stagione
Creato il 22 ottobre 2013 da Leo Sanguedinchiostro @sdinchiostrol’Universo. Bellissimo, per carità (posso dire di essermi disidratata a forza di sbavare ogni volta che l’ho visto senza maglia), ma è un cucciolone tenero che fa venire il diabete, tranne quando diventa bestia. J.T. è l’unico che salvo: un uomo normale, dotato di un’ironia che mi ha fatta sbellicare dalle risate, che si ritrova a dover condurre una vita incasinata per proteggere l’amico; si può dire che alla fine sia sempre lui a risolvere le situazioni: è l’unico che si preoccupa veramente di essere discreto, è il loro hacker di fiducia, lavora ad un farmaco che permetta a Vincent di controllare le proprie trasformazioni, riesce sempre a tirar fuori idee brillanti per coprire i disastri fatti dal coinquilino e gli salva la pelle in più di un’occasione. Sembra un petulante codardo, ma in realtà è in grado di tirar fuori una gran quantità di coraggio quando serve. Sorvolo sui personaggi secondari, tutti piuttosto scontati: la partner di Cat che ha una tresca col capo della polizia, la sorella ochetta, il medico legale innamorato di Cat che cerca di salvarla dalla bestia, sono tutti stereotipi, personaggi poco delineati. La storia d’amore fra Catherine e Vincent è estenuante: si prendono, si mollano, passano il tempo insieme a chiedersi a vicenda se sono convinti di voler stare insieme, si rispondo immancabilmente che non potrebbero fare a meno l’uno dell’altra e dopo un attimo si mollano di nuovo (per tre secondi), poi tornano insieme e ricominciano con le loro paranoie. Una cosa che a Beautiful fa un baffo, per intenderci. Lei lo fa ingelosire di continuo e quando lui diventa una bestia (letteralmente), Cat cade dalle nuvole, sbatte le ciglia e si chiede cosa mai possa aver scatenato una tale reazione “Oh, davvero? Ti sei ingelosito solo perché ho baciato tizio e l’ho portato con me al matrimonio di mio padre? Come sei strano!”. Insomma, manca di mordente, di pathos: qualunque cosa accada, sai che l’amore vincerà sempre, ne hai la certezza fin dal primo istante. Poi c’è l’argomento un po’ più scottante, quello della multinazionale che opera nell’ombra per creare questa razza letale e al tempo stesso per distruggere quelli che, come Vincent, sono considerati errori di percorso. La Murfield (questo il nome della società) allunga i suoi tentacoli ovunque e ha per questo la possibilità di compiere i suoi misfatti senza che nessuno indaghi mai troppo a fondo, fatta eccezione per Cat e il suo entourage. Il meccanismo è quello che tanto piace agli americani: l’esistenza di un vero e proprio mondo che si cela nell’intero substrato sociale, basato su segreti, intrighi, manipolazioni e bugie del quale il cittadino medio può soltanto immaginare le nefandezze. Un mondo nel quale ogni singolo evento (soprattutto se catastrofico) è studiato a tavolino e con il chiaro intento di acquisire potere. In Beauty and the Beast, però, questo argomento viene trattato con eccessiva superficialità: la Murfield è al tempo stesso descritta come una potenza dalla quale non ci si possa nascondere per nulla al mondo e come un gruppo di esaltati che riesce sempre a farsi fregare da Cat e Vincent. Infine, c’è un tema che a me sta molto a cuore e che nel telefilm viene introdotto ma mai approfondito sul serio. Vincent agisce come un giustiziere: uccide solo i “cattivi”, quelli che importunano la sua ragazza, quelli della Murfield, i malavitosi e così via. Cat, in quanto poliziotta, riesce sempre a coprirlo e chiunque venga a conoscenza di questa storia, fra i loro amici, prima o poi li aiuta a tener tutto nascosto, mandando a monte anni ed anni di lotte sociali per ottenere che nessuno pensi di farsi giustizia da solo, perché nessuno può porsi al di sopra della legge. È un messaggio forte, anche se in questa serie viene edulcorato e nascosto sotto strati di banalità e cuoricini, figlio dei tempi in cui viviamo, nei quali non c’è più fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. Per concludere: l’aspetto fantasy è presente, ma a mio parere poteva esser approfondito; l’aspetto poliziesco è pressoché inutile: la maggior parte dei casi ruota intorno al complotto che vede coinvolti Vincent e Cat, come se a New York non accadesse altro. Dal punto di vista del romanticismo può andare bene se vi piacciono le storie banali e in stile telenovela. Insomma, se volete trascorrere quaranta minuti senza impegno, con un po’ di batticuore “sicuro” perché sapete che andrà comunque a finire bene, è la serie ideale.
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