Come in ogni finale di stagione, e in vista quest’anno dei Mondiali in Brasile, giunge il momento di trarre le conclusioni e fare un bilancio di quello che è stato il Campionato di Serie A 2013/2014, che ha celebrato il trionfo e record di punti italiano della Juventus, ma ha anche evidenziato un livello tecnico generale decisamente basso, con le dovute eccezioni, e ha decretato la retrocessione al 5° posto del ranking UEFA dell’Italia, che non costerà altri posti nelle Coppe Europee ma segna ancora una volta la crisi senza fine del nostro calcio, che sul piano internazionale regge coi risultati della Nazionale, ma con i suoi club non riesce più a risalire.
Nel lungo racconto su “Post Scriptum Blog” della Serie A (qui l’ultima giornata) abbiamo sottolineato, a più riprese, come la supremazia della Juventus di Antonio Conte fosse evidente. Se le voci della vigilia annunciavano una lotta alla pari con il Napoli, sul campo i bianconeri hanno imposto il loro gioco più che collaudato, col 3-5-2, a cui ha aggiunto durante il calciomercato estivo del 2013 un fuoriclasse come Carlos Tevez, autore di 20 reti tra campionato e Coppe, e Fernando Llorente, che è anch’egli andato abbondantemente in doppia cifra, completando a livello tattico e fisico l’attacco della Juve. La struttura solida, formata dai vari Pogba, in crescita continua, Pirlo, Vidal – letale in zona gol – Asamoah, Lichtsteiner e da Chiellini, Bonucci, Barzagli e Buffon dietro ha fatto il resto, e qualche amnesia di troppo in difesa è stata compensata da una potenza offensiva notevolissima. In totale come detto 102 punti, record nazionale, 33 vittorie (in casa tutte vinte, 19), 3 pareggi e 2 sconfitte. Il 30° Scudetto è realtà con una cavalcata immensa, terzo titolo di fila. Ma in Champions League l’eliminazione già nella fase a gironi, con delle brutte partite e una sola vittoria in sei incontri (non basta la rocambolesca gara di Istanbul come giustificazione), e la “retrocessione” in Europa League, che diventa un obiettivo – stante la Finale prevista a Torino – ma col cammino che si ferma bruscamente contro il Benfica in semifinale, fanno rivedere in parte il borsino stagionale bianconero, ovvero in maniera meno favorevole, perché la mancanza di alternative di tattiche valide e l’incapacità di imporre un’idea di gioco non fanno compiere il salto di qualità alla Juventus in Europa. Il balletto di fine stagione di Conte, che alla fine rimane, ma con la determinazione a pretendere rinforzi, non esentano il tecnico salentino a trovare soluzioni sul campo, ancora prima che sul mercato.
Ma come si spiega dunque il dislivello così evidente tra Serie A e competizioni europee dei bianconeri?
Senza voler sminuire quanto fatto dalla Juventus in campionato, ma appare evidente che la squadra titolare coi calciatori già citati e “riserve” del calibro di Marchisio, Caceres, Vucinic, Giovinco e altri, oltre al gioco collaudato – fatto di pressing, ripartenze, movimento senza palla, compattezza e rapidità – basta e avanza per la Serie A e non in Europa – dove occorre molta qualità di manovra – , ma il nostro massimo torneo ha proposto davvero poco come concorrenza e dall’8°-9° posto in giù è stato poco competitivo, con un’adagiamento di parecchie squadre, che hanno raggiunto la salvezza in largo anticipo, riservando le posizioni inferiori a non più di 5-6 formazioni, peraltro in grossa difficoltà e letteralmente indifese contro le squadre di alta classifica. Le 1035 reti realizzate in Serie A – altro record – indicano difese poco solide, tante gare piene di gol ma tatticamente pessime, e troppe reti incassate dalle squadre di medio-bassa classifica: se il campionato non è oramai il più bello del Mondo almeno dovrebbe essere il più difficile, proprio a livello tecnico e tattico. Ebbene, non è così, e una squadra che va a memoria, e con i migliori giocatori, come la Juventus, ha trovato davvero poche difficoltà a vincere 33 gare su 38, il che è e resta straordinario, forse irripetibile, ma non così mostruosamente difficile.
A dar però maggior peso al campionato della Juve è stato il rendimento della Roma di Rudi Garcia, che ha conquistato 85 punti, con 26 vittorie, 7 pareggi e 5 sconfitte. Nessuno, davvero, prevedeva una squadra così continua, capace di restituire entusiasmo e orgoglio ai tifosi giallorossi e il cui unico appunto che si può fare è l’eliminazione – evitabile – in semifinale di Coppa Italia contro il Napoli e una parte centrale di stagione balbettante, culminata con la sconfitta dello Juventus Stadium per 3-0 che ha certificato il volo bianconero al termine del girone d’andata. Ma Garcia ha rimesso il gioco, la qualità e la tecnica al centro del progetto e la Roma ha offerto il miglior calcio della Serie A, grazie a giocatori come Totti – tra i migliori per media voto del campionato, come sempre – Gervinho, Strootman, Pjanic, Benatia, Maicon, Castan, Destro e un ritrovato De Rossi, e non solo. La squadra giallorossa torna in Champions dopo tre stagioni, dalla porta principale, chiude al meglio le sessioni di calciomercato, rilancia il marchio, trova un nuovo importante sponsor tecnico, stringe rapporti commerciali e la società pensa al nuovo stadio di proprietà, che dovrebbe sorgere entro due anni. Il futuro è già iniziato.
Il terzo posto del Napoli, che vale la qualificazione ai preliminari di Champions League, con 78 punti, esattamente quanti il campionato precedente, è da considerare un buon piazzamento per quanto visto sul campo, ma certo deludente se si vanno a vedere quali erano le aspettative di agosto 2013. Ci si attendeva una lotta scudetto con la Juventus, e invece la squadra di Benitez ha raccolto diverse vittorie a suon di gol ma anche tanti pareggi e sconfitte, soprattutto contro le “piccole” della Serie A, arrivando a oltre 20 punti dai bianconeri e a 7 dalla Roma, che peraltro erano molti di più fino a 3 giornate dal termine, prima che i giallorossi smettessero in pratica di giocare. La vittoria in Coppa Italia rende comunque buona la stagione, dopo la cocente eliminazione nella fase a gironi di Champions e una pessima Europa League, terminata agli ottavi. Certo, la cessione di Cavani al PSG in estate ha pesato dal punto di vista della concretizzazione, soprattutto nelle partite bloccate. Benitez, che ha insistito sul 4-2-3-1 tutto il campionato, sul possesso e la tecnica di squadra, ha ricevuto importanti conferme da Higuain, Callejon, Mertens e tanti altri giocatori, ma ha pagato errori in fase difensiva e una incapacità a chiudere le gare in equilibrio, soprattutto contro squadre molto chiuse. A differenza, appunto, di Juventus e Roma. Ma la squadra azzurra è destinata a crescere.
La Fiorentina ha chiuso al 4° posto a quota 65 punti, con una eliminazione agli ottavi in Europa League e la finale di Coppa Italia, persa contro il Napoli. La squadra di Montella ha pagato gli infortuni di Gomez, fuori tutta la stagione o quasi, e di Giuseppe Rossi, a gennaio, quando l’attaccante era in vetta alla classifica cannonieri, e una fase difensiva poco efficace, dilapidando varie occasioni per agganciarsi al treno Scudetto prima e a quello per la Champions dopo. Ma il gioco espresso è stato tra i migliori e se non si è visto il salto di qualità quest’anno, potrebbe arrivare comunque presto.
Chi ha deluso, fortemente, sono invece le due milanesi. L’Inter di Moratti e da metà stagione ceduta al 70% a Thohir, e quando c’è un cambio di proprietà le ripercussioni sulla squadra sono inevitabili. Ma un mercato estivo in sordina e quello invernale a dir poco confusionario hanno pesato, e non poco. A questo, va aggiunto che il lavoro di Mazzarri non ha portato ai risultati sperati. Inutile girarci attorno, a mio avviso: con una delle formazioni migliori a livello individuale, da Handanovic – che ha chiuso bene la stagione – alla difesa, al centrocampo – al quale si è aggiunto a gennaio Hernanes – e all’attacco, soprattutto con un Palacio trascinatore e autore di 17 reti e molti assist decisivi, l’Inter non è mai diventata squadra, mostrando crepe difensive incredibili, una totale mancanza di idee e poca concretezza in molte partite, soprattutto in casa: le 15 vittorie, i 15 (!) pareggi e le 8 sconfitte dopo 38 incontri bastano per farsi un’idea, e il 5° posto a 60 punti, che vale l’Europa League, è il minimo obiettivo raggiunto. S’ìntende: l’Inter dal punto di vista tecnico è inferiore sicuramente alla Juventus e forse alla Roma, ma non certo a Napoli(migliore solo in attacco) e Fiorentina (migliore solo a centrocampo, date anche le defezioni offensive). Ma non è neppure la posizione finale il problema: la questione è la carenza di gioco, l’idea di non aver mai proposto nulla di interessante, neppure le verticalizzazioni che Mazzarri aveva mostrato col Napoli. E’ sufficiente rivedere i due derby contro il Milan. All’andata, vinto 1-0, restando chiusi nella propria trequarti 70′ e colpendo i rossoneri solo grazie a un tocco di prestigio di Palacio nel finale; al ritorno, perso 1-0, senza mai tirare in porta e senza creare neppure i presupposti di pericolo. Ma Mazzarri, che ha un altro anno di contratto, dovrebbe restare (resterà…): migliorerà?
Molto peggio è andata al Milan, per l’appunto, che ha chiuso 8° e fuori dall’Europa dopo 16 anni. Esonerato Allegri a metà stagione, e ingaggiato Seedorf, il cui arrivo già previsto a giugno 2014 è stato anticipato: alla prima esperienza da tecnico, ha trovato enormi difficoltà in partenza, finendo pure fuori agli ottavi di Champions (surclassato dall’Atlético Madrid) e chiudendo invece bene, con sette vittorie nelle ultime nove gare e un discreto gioco. Troppo tardi, troppo poco comunque. Ma i problemi giungono dall’alto: perché il Presidente Berlusconi non gestisce più in prima persona la squadra e la figlia Barbara non è riuscita a trovare un equilibrio con l’a.d. Galliani. Due modi diversi di intendere il calcio e il futuro rossonero, una guerra interna risolta con una tregua a fine gennaio ma adesso proprio Lady B. spinge per l’esonero di Seedorf, con Galliani, invece prima scettico, a cercare di fare il mediatore: ma filtra la delusione per i comportamenti spesso indisponenti del tecnico. Ma l’addio dell’olandese è prossimo, solo dopo aver trovato l’accordo economico, dati i due anni di contratto residui, e l’arrivo dalla Primavera rossonera di Pippo Inzaghi è più che una possibilità. Certamente la stagione appena conclusa, senza dubbio, è tra le peggiori della storia rossonera. Per parlare poi delle prestazioni individuali, Balotelli ha chiuso a 14 reti, con la solita collezione di cartellini e prestazioni insufficienti, El Shaarawy costretto fuori per gli infortuni, Kakà e da gennaio Taarabt hanno trascinato la barca, costante De Jong, ma per il resto c’è davvero poco da salvare.
L’ultimo posto utile per l’Europa League è andato sul campo al Parma di Donadoni, che ha ritrovato un Cassano da Nazionale, ha valorizzato giocatori come Paletta, Parolo, Biabiany e Amauri e ha mostrato un gioco più che convincente, infilando anche 16 risultati utili di fila durante il campionato. 58 punti e 6° posto: ma la FIGC ha negato la licenza europea, secondo le norme della UEFA, contestando il ritardo di pagamenti di alcune imposte (tutte questioni burocratiche) e il Parma, nonostante abbia presentato ricorso nei vari gradi di giudizio, resta fuori dalle Coppe (qui maggiori approfondimenti). A questo punto viene ripescato il Torino, che aveva chiuso a 57 punti, al 7° posto, dopo una stagione oltre qualunque previsione, con il capocannoniere Immobile, 22 reti, un Cerci straordinario e una squadra compatta, unita e anche sfortunata negli episodi, soprattutto arbitrali, e solo l’errore dal dischetto dello stesso Cerci nell’ultima gara contro la Fiorentina ha fermato il sogno europeo che però, appunto, potrebbe riaprirsi. Per i gialloblù resta il ricorso al Tas (Tribunale arbitrale dello Sport) di Losanna, ipotesi complessa.
Restano fuori dall’Europa League anche Hellas Verona e Lazio: ma se nel caso della squadra di Mandorlini si deve parlare di un grande campionato, da neopromossi, condotto a suon di gol e vittorie, e altrettante sconfitte ma dovute al modo di giocare a viso aperto, che ha portato a una salvezza anticipata e a cullare fino alla fine il sogno europeo, trascinati da Luca Toni – autore di 20 gol e di una stagione incredibile -, nel caso dei biancocelesti, che hanno silurato Petkovic a Natale riaffidandosi a Reja – che ha ricompattato la squadra ma ha portato a nessun risultato comunque – siamo di fronte a un campionato molto deludente, condotto a ritmi altalenanti e mai davvero in corsa per gli obiettivi, compresa una eliminazione davvero inopinata ai sedicesimi di Europa League.
L’Atalanta, la Sampdoria e il Genoa hanno raggiunto la salvezza con estrema tranquillità: soprattutto per merito della continuità di questi ultimi anni, nel caso degli orobici, che hanno in Colantuono il tecnico perfetto e in Denis, Moralez, Bonaventura i trascinatori, e la progressione del girone di ritorno li ha anche avvicinati all’Europa, perdendosi un pò nel finale; in casa doriana l’ingaggio di Sinisa Mihajlovic – dopo le difficoltà iniziali con Delio Rossi in panchina - è stato il vero punto di svolta, con il serbo che con il suo carattere e capacità di tecnico ha rimesso a posto la squadra e restituito fiducia ai giocatori;
sulla sponda rossoblù di Genova, c’è stata la falsa partenza con Liverani in panca, rilevato poi da Gasperini, al ritorno al Genoa, che ha ridato gioco e chiarezza tattica ai giocatori e ha raggiunto prima la salvezza per poi tentare qualcosa di più, ma una serie di infortuni e un pò di appagamento hanno bloccato a metà classifica il Grifone che ha comunque posto buone basi per il futuro.
Capitolo a parte merita l’Udinese, che non ha mai trovato continuità e ha chiuso a metà classifica in maniera quasi anonima rispetto ai risultati delle scorse stagioni: un anno di flessione ci può stare però e le continue voci di mercato attorno ai giocatori, le perplessità di Di Natale sul suo futuro e quelle di Guidolin, che passerà infatti a un ruolo gestionale, hanno condizionato i friulani.
Nella parte bassa della graduatoria, il Cagliari si è salvato con ampio margine nelle ultime giornate, coincise col ritorno in panchina di Pulga al posto di Lopez: ma le vicissitudini legate alla cessione della società, la questione dello stadio e le scelte eccentriche di Cellino hanno pesato, e non poco, su una squadra dal tasso tecnico superiore ai 39 punti finali.
Si salva invece con qualche affanno il Chievo, che avrebbe potuto chiudere molto prima il discorso e attende le ultime gare per realizzare i punti necessari, ma il ritorno di Corini, a cui ora è stato anche prolungato il contratto, ha portato i benefici sperati; si salva anche il Sassuolo, che prima esonera e poi richiama il tecnico della promozione Di Francesco il quale, con la sua mentalità offensiva e propositiva, riesce a salvare una squadra che ha segnato tante reti, prendendone moltissime, ma il gioco e gli attaccanti come Berardi, Floro Flores, Zaza e altri sono bastati per centrare l’obiettivo.
Certo, c’è da chiedersi quante altre volte basteranno appena 34 punti per salvarsi, e qui il discorso andrebbe affrontato, perché la Serie A a 20 squadre ha allargato gli orizzonti a più compagini ma ha anche abbassato di molto la competitività nella parte alta – come detto prima – e nella parte bassa, con due squadre, almeno, nettamente meno dotate e condannate in partenza, e lotta ristretta a pochi, con salvezze anticipate e sfide senza alcuna importanza sul finale. E solo tre retrocessioni: se il Bologna – che le scelte societarie e una scellerata conduzione del calciomercato, ultima la scelta di cedere Diamanti a febbraio date le difficoltà economiche ma senza possibilità di rimediare – e il Livorno - troppo debole tecnicamente – sembravano già spacciati, il Catania è stata certo la sorpresa negativa della stagione. Perché dopo 8 stagioni in Serie A e l’ottavo posto del 2013, alzi la mano chi si attendeva un campionato così brutto. Tre allenatori cambiati, le cessioni di Lodi, Marchese e Gomez, non rimpiazzati adeguatamente, salvo poi riprendere il regista a gennaio e pochi altri elementi, e una gestione del gruppo pessima, hanno condannato i rossoazzurri. Pesano le scelte, parse improvvisate, del Presidente Pulvirenti, che ha affidato al procuratore Pablo Cosentino – mai parso all’altezza – le chiavi di una delle società modello della Serie A, ma quest’ultimo, addirittura nominato amministratore delegato da pochi giorni, non ha dato una linea chiara al lavoro da fare dilapidando il patrimonio del Catania. Che adesso dovrà ripartire dal tecnico Maurizio Pellegrino, che nelle ultime gare ha ridato entusiasmo e compattezza alla squadra, ma soprattutto da decisioni valide e giuste che riportino i siciliani nel massimo campionato il prima possibile.
Dopo questa lunga riflessione, stiliamo il pagellone finale della Serie A accanto alla classifica definitiva del campionato 2013/2014:
Juventus 102 ———> Voto 9
Roma 85 ———> Voto 8.5
Napoli 78 ———> Voto 7
Fiorentina 65 ———>Voto 7
Inter 60 ———> Voto 5.5
Parma 59 ———> Voto 7.5
Torino 57 ———> Voto 7.5
Milan 57 ———> Voto 4.5
Lazio 56 ———> Voto 5
Hellas Verona 54 ———> Voto 7
Atalanta 50 ———> Voto 7
Sampdoria 45 ———> Voto 6
Udinese 44 ———> Voto 5.5
Genoa 44 ———> Voto 6
Cagliari 39 ———> Voto 6
Chievo Verona 36 ———> Voto 6
Sassuolo 34 ———> Voto 6
Catania 32 ———> Voto 4
Bologna 29 ———> Voto 3
Livorno 25 ———> Voto 4
Il Campionato di Serie A torna nel weekend di Domenica 31 Agosto 2014.
Giuseppe Causarano
Twitter @Causarano88Ibla